Un replicante che cammina silenziosamente in una città futuristica fatta di specchi e cubi, in mezzo all'aria chimica di una notte infinita e tempestata di neon e luci infrarossi che infestano un orizzonte artificiale ed inesistente.

Signori, questo è quello che ho visto io durante l'ascolto del nuovo EP di Three-Six (36), Circuit Bloom. Un lavoro dalle atmosfere soffuse, sospese, drammatiche, commoventi ed oscure, che vi avvolgerà e vi trasporterà in una dimensione futuristica alla Blade Runner. Un viaggio lento, sospeso e surreale in un mondo astratto, virtuale e minimale che vi terrà incollati alle cuffie per tutta la sua durata Circuit Bloom è formato da 6 canzoni (più dei "rimaneggiamenti" di 5 delle stesse, chiamati "version") composte prevalentemente da sintetizzatori, pianoforte e vari effetti ambientali, che rendono ancora più tangibile l'atmosfera surreale e fantascientifica che permea il lavoro, e rendono l'ascoltatore parte di esso. Quelle sue tessiture armoniche di synth, tastiere, suoni ambientali e armonie rendono l'ascoltatore un tuttuno con il mondo immaginario approssimato da 36, che aspetta soltanto che venga completato dalla nostra fantasia più accesa, per poi venir attivato.

Che poi già i titoli parlano da soli prima della musica: "Inoxia" (come la Datura Inoxia, pianta a fiore nota per le sue proprietà narcotiche, sedative ed allucinogene), la stessa title track "Circuit Bloom", "Changing Faces (Static Places)", "Metropolis", ecc. Il tutto poi sublimato da una copertina che rispecchia in tutto e per tutto la semplicità ed il minimalismo insito nella musica: una sfumatura di colori che va dal giallo al blu scuro, realizzata su di una texture "cristallizzata". E questo basta per lanciare l'ascoltatore nel mondo già menzionato in precedenza e nell'introduzione. Se io ho visto quello che avete letto voi all'inizio, voi stessi potrete vedere altro.

Ascoltare questa musica ed immaginarsi il "palcoscenico" evocato dalla fusione della stessa e della nostra immaginazione, è un pò come assistere ad un film mentale. O ad un sogno. Un lungo sogno. Durante un sonno criogenico.

Che in effetti una tale ipotesi sarebbe molto adatta, essendo un opera che affonda la propria ispirazione nel Cyberpunk, un mondo borderline ed oscuro, ma allo stesso tempo surreale ed onirico, in cui niente è reale e niente sembra fartelo pensare. Un mondo che, ancor prima della Vaporwave, veniva raffigurato con atmosfere come quelle impresse in questo lavoro.

O, come lo descrive lo stesso 36: "about people living on the fringes of society, finding ways to deal with the hardships they face, through the manipulation and exploitation of technology"

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