Continuiamo il nostro viaggio nel black metal di stampo medievale o simili con un disco che ha fatto la storia del suo genere, scritto da menti che hanno fatto la storia del loro genere. Gli Abigor fanno parte di quel circolo di band che non penso di definire seminali per la storia della musica o del rock, ma che per i metallari e nello specifico i blackster sono importanti, eccome. E lo sono per un motivo.
Il disco non si pone al 100% come medieval black metal: è una definizione che ancora si possono accaparrare pochissimi album e del resto lo si vede sin dalla copertina, che rappresenta l'interno di una chiesa, lugubre, ma senza rinunciare a un'aura non prettamente medieval e molto orientata al black metal classico. Tuttavia il solco tra questo disco e altri dello stesso periodo (Darkthrone, Mayhem e simili) è profondo: la storia del medieval black metal passa da qua. Chi non è avvezzo al raw black metal o al crust punk non deve temere, perché l'ascolto è relativamente lontano dal black senza compromessi. Voci femminili, sezioni melodiche, intermezzi... ma non staremo mica parlando di qualche cafonata finto black metal per attirare ragazzini che vogliono sembrare cattivoni? Tutt'altro signori miei, siamo davanti a un'opera che sprigiona malignità da ogni poro, senza perdite di tempo. Detto questo, trovatemi qualcosa di più maestoso, elegante, feroce e black dei primi trenta secondi di "Scars in the Landscape of God". La prima volta che sentii, su YouTube, pensai fosse partita una pubblicità, poi vidi che il video non si era interrotto e il mio stupore si tramutò in sorriso beffardo e compiaciuto: che geni. Che genialità. Il gruppo aveva già con l'opera precedente messo in chiaro le sue intenzioni e il tipo di universo a cui voleva rifarsi (qualcuno che ricorda il campionamento dal Dies Irae di "Il Settimo Sigillo" a inizio della seconda traccia?) ma qua il combo raggiunge la maturità artistica. Scream e qualcosina di growl su tessuti melodici veramente ottimi, che creano un'atmosfera potente.
Se proprio devo trovare un difetto all'opera, questo sarà che - caratterstica comune a molti album black che giocano sull'atmosfera - ci sono un paio di punti dove l'attenzione non rimane alle stelle, ma sono veramente sottigliezze, perché proprio quando vi sorprenderete a pensare "questo passaggio è un po' meno a fuoco..." gli Abigor con qualche asso nella manica risveglieranno le vostre metalliche orecchie. I testi non toccano grandi picchi di profondità, diciamocelo: si spazia dalle bellicose invocazioni antireligiose fino agli incensamenti dell'inverno.
Approfittate dunque del grigio inverno che ci aspetta perché i nostri sapranno catapultarvi nel mezzo del medioevo più black, con costruzioni sonore di alto livello e un sapore non modaiolo che all'epoca era nuovo per tutti.
Dal libretto del disco: "This vision should not be seen as part of the upcomung viking trend". Serve specificare altro? No. Voto: 88/100.
Elenco e tracce
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