Quando gli Aborym si apprestarono a scrivere il materiale per il quarto album in studio, Generator, due membri di lunga data uscirono dal gruppo: Attila Csihar e Set Teitan. Il primo tornò a cantare per i Mayhem ed il secondo si unì ai Dissection.
Questo periodo di importanti cambiamenti attorno alla line-up si concluse con due nuovi importanti innesti, il cantante Prime Evil (ex Mysticum) e il celebre Bard Faust (ex Emperor, su tutti), come batterista.

Gli Aborym entrarono ai Temple of Noise Studios di Roma, nell’Aprile del 2005 e registrarono il nuovo disco, prodotto da Fabban, Nysrok e da Christian Ice. Per l’uscita di questo album, oltretutto, strinsero un importante accordo con l’etichetta Season Of Mist. Le aspettative che si crearono attorno a questo album furono immense, sia da parte dei fan più fedeli, curiosi di scoprire questi "nuovi" Aborym con un batterista in carne ed ossa, sia da parte della stampa metal, nostrana e non.

Il 21 Febbraio del 2006 fu finalmente pubblicato Generator. I nuovi Aborym si presentavano diversi, lontani dal furore digitale e dalla tecnologia più convulsa dell’album precedente, ma tremendamente più oscuri e annichilenti nel loro nuovo aspetto sonoro. Le canzoni di Generator appaiono legate fra esse, da un filo conduttore che è l’oscurità, il male, la morte, il buio. L’inquietante artwork di Lorenzo Mariani offre una sufficiente testimonianza. Un demone, che rappresenta la negatività, la paura, l’orrore dei tempi moderni, si staglia imperioso dinnanzi al popolo malato che lui stesso ha generato.
Non un colore, solo nero e grigio, fumo e buio, oscurità e inquinamento, in quello che è un immaginario di violenza realistica e quotidiana, strettamente legata alla vita di tutti i giorni.

Nelle nove tracce compaiono i nuovi elementi del rinnovato Aborym-sound, una maggiore pulizia sonora legata all’organicità dell’avere un batterista vero, preciso e tecnico a dettare i ritmi, ed un cantante con uno stile differente da quello di Attila Csihar, ma terribilmente enfatico nei momenti più infernali del disco e sapientemente tragico nel cantare sui sottofondi corali di Fabban, che ricordano i suoi esperimenti con i Void Of Silence.
Dopo la breve “Armageddon”, breve incipit inzuppato di Dark Ambient, gli Aborym tirano fuori da subito l’artiglieria pesante. “Disgust and Rage (Sic Transit Gloria Mundi)” parte cadenzata ed evocativa, con dei sample di Charles Manson e i vulcanici blast-beat in up-tempo di Faust, ma bastano pochi secondi ed ecco apparire il vero volto degli Aborym, che i cambi di line up non hanno alterato, bensì potenziato. Strofe vertiginose e aggressive, liriche feroci e synth spettrali amalgamati alle glaciali trame chitarristiche.

Se “A Dog-Eat-Dog World” è un oscuro trip nei meandri di una città in rovina, con le malatissime spoken-words di Cultoculus (ex Mayhem) a farci da guida, è l’Industrial Death Metal di "Ruinrama Kolossal S.P.Q.R. (Satanic Pollution - Qliphotic Rage)", a squagliarci i padiglioni auricolari con riff al limite del Brutal Death Metal e campionamenti figli del rumorismo più assordante, a concludere il tortuoso e cruento vortice della canzone. Il testo di questa traccia è speciale per quanto riguarda a composizione. È stato scritto da Angy degli italianissimi Impure Domain con la tecnica del cut-up di William Borroughs.

Malinconico e sofferto è l’incipit della titletrack, che sospinta da sinfonici sottofondi e dalle gracchianti vocals di Prime Evil, ci porta alla seconda metà del disco. Echeggia ancora Charles Manson all’interno di “Suffer Catalyst”. Il drumming nucleare di Faust è quanto di più perfetto ci possa essere nel ritmare le continue divagazioni della canzone. Un drumming che si fa schizofrenico e brutale ma anche tremendamente Punk e Jazz nei momenti più riflessivi e sospirati.

Arriviamo alla settima traccia, “Between the Devil and the Deep Blue Sea”, vero e proprio manifesto del coraggio della band italiana e di ciò che rappresentano nella storia della musica estrema. Black Metal che la fa da padrone fino ad un momento… in cui si odono dei passi, un fucile che viene caricato a pallettoni, la voce di Prime Evil scompare… si sentono dei rumori, rumori di quello che sembrerebbe un rave party. I rumori si fanno sempre più forti e all’improvviso… uno sparo, sulla folla! Parte irrefrenabile un acidissimo breakdown di Techno-EBM mischiato al Black Metal… letteralmente da brividi.

I battiti artificiali di “Man Bites God”, ultima testimonianza di Attila Csihar con gli Aborym, ci elettrizzano e ci caricano. Le liriche, scritte da Faust, sommate al terremotante incedere della canzone, costituiscono una delle parti più pregne di tensione dell’album. Il tutto finché l’ultima traccia, “I Reject!”, chiude i giochi. Un arpeggio, triste e mortifero, e la pioggia in sottofondo, ci conducono a quello che è l’Aborym manifesto, con un testo che è programmatico ed esplicativo…

[I reject God. I reject your world. I reject your false laws. I reject your son. I reject its pathetic life. I reject your stupid humanity. I travel over again by now, alone… …the covered roads, with my brothers in the eternal battle. The eternal struggle against Christianity. Care behind. Tried to the yield. The resistance ain’t futile. Meaningless…]

Generator, il quarto sigillo degli Aborym, è una tremenda prova di forza. È la testimonianza di un gruppo estroso, eclettico, diverso, dal sound particolare e corposamente strutturato, che anche in questo disco ha cambiato pelle e caratteristiche, ma ha saputo mantenere invariato il proprio sound e i propri intenti musicali.

Un saluto ai lettori di Debaser!

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