Achim Reichel è un personaggio anomalo, circondato da un'alone di fascino, quasi di mistero, un outsider, un viaggiatore solitario che ha attraversato le decadi tracciando una rotta tutta sua; oh, e anche un eccellente songwriter e interprete carismatico, ma questo va da sè, altrimenti non sarei qua a parlarvene. Originario di Amburgo, a inizio carriera si presenta come uno dei tanti "figli del suo tempo", beat negli anni '60, kraut-elettro-avanguardistico nei primi '70, poi la svolta: dal 1975 in poi una carriera da atipico folksinger, eclettico e teatrale rielaboratore di antiche tradizioni. Soddisfazioni commerciali? Pochine, una sola hit in 40 anni, questa "Aloha Heja He" del 1991, peraltro molto in linea con le sonorità dell'album qui recensito, ma una confortevole nicchia da artista cult, in cui evidentemente si trova benissimo.

E dunque, "Raureif", 2015 (il magico 2015 da poco trscorso), l'ormai settantunenne Achim Reichel regala una magistrale dimostrazione di classe. Parliamoci chiaro, senza troppi preamboli: ci sono tutti gli estremi per parlare di capolavoro, per le canzoni ma soprattutto per la scelta dei suoni, le atmosfere, le sensazioni che trasmette. Un ascolto che "riempie", che lascia il segno; per tanti motivi, ma fondamentalmente perchè è qualcosa di unico. Avventuroso, piratesco, semplicemente diverso, "Raureif" si snoda in un'affascinante e impeccabilmente concepita trama di sonorità folk, in un'ampia gamma di sonorità: la caratteristica vincente è proprio la sensazione di completezza e cura di ogni minimo particolare che riesce a trasmettere, abbinata ad uno spirito deciso, spavaldo, originale, di carattere. Combinazione perfetta, ed in più una vocalità pastosa, baritonale, impostata e teatrale quanto basta. Voce da vecchio lupo di mare, che rende ancora più iconiche canzoni come "Dolles Ding", retrogusto di Rum e un incedere scandito, immediato, da autentico canto marinaresco e una stupenda ballad come "Reise, Reise (Die Segel Der Erinnerung)", la cui malinconia crepuscolare esplode in un potente refrain corale; un capolavoro di romanticismo, nell'accezione originaria del termine.

Latin, ritmi caraibici, blues-rock, country, l'album si tinge di volta in volta di nuove sfumature, coinvolgendo l'ascoltatore in un viaggio entusiasmante e pieno di sorprese, dai ritmi chiassosi e festaioli di "Ole Pinelle" al folk liquido e visionario, ai risvolti blues-psichedelici di una "Halluzination" per molti aspetti quasi dylaniana; dai duetti chitarra-organo hammond di una scoppiettante "Der Harte Kleine Schnelle" all'indolenza straniante e cadenzata di "In Der Hangematte", ideale colonna sonora per una traversata nell'insidiosa bonaccia del proverbiale Mare dei Sargassi, che evidenzia un importante tratto stilistico dell'album, ovvero la costente presenza di cori e controcanti, che accentuano perfettamente le atmosfere di volta in volta proposte. E poi i ritmi calypso che pervadono ballads semplici, quasi sussurrate come "Sternschnuppen", incantevole ninnananna, o la più malinconica "Marianna", senza dimenticare la rilassata brillantezza reggae di "Halt Die Welt An". "Der Abschiedsbrief" chiude con una sobria reiterpretazione in chiave folk di una celeberrima melodia classica (perdonatemi ma non riesco a collegare titolo e autore), con cui congeda quasi in punta di piedi, con classe e stile impeccabile. Un po' pirata e un po' gentiluomo, il nostro Achim Reichel.

Poi c'è "Junge Goetter"... "Junge Goetter" è una droga, semplicemente. Fiddle + fisarmonica = cose belle, aggiungeteci tre minuti di melodia irresistibile, una voce istrionica e carismatica e, beh, ci si ritrova a riascoltarla in loop per X volte consecutive, non so dire quante con precisione. E questo alla fine è un po' un "peccato", perchè arriva quasi a distogliere l'attenzione da tutto il resto dell'album, che è una splendida opera di grande artigianato musicale, scoperta con la solita combinazione di fortuna e intuito. Per certi aspetti, "Raureif" mi ricorda moltissimo "Sparks Of Ancient Light" di Al Stewart; è un paragone esclusivamente legato alle mie sensazioni, alla mia esperienza di ascoltatore e nient'altro: artisti completamente diversi, finalità diverse, lo stesso mood di avventurosa esplorazione, sonorità vintage e classe consumata; "vecchi" outsiders che hanno saputo preservare la propria identità, a costo di finire ai margini del business. Dei veri vincenti, per come la vedo io.

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