Singolare la scelta della location in quel di Bologna: il Macondo. Ambientazione mitica dal romanzo di Garcìa Màrquez 'Cent'anni di solitudine'. Com'è mitica l'ambientazione dell'agghiastru (in italiano ulivo selvatico) in quel di Sciacca, luogo da dove il nostro cantastorie più di quindici anni fa, intraprese il suo viaggio artistico.

Ricordo che Agghiastru qualche anno fa, intrattenendosi nei dopo show con i fans, esprimeva il bisogno di trovare una nuova identità artistica libera da qualsiasi etichetta musicale, e non solo. Questa serata a Bologna rappresenta, come da biografia, la definitiva conferma della maturazione di quell'esigenza: "l'immagine è precisa, netta. Un uomo dal cranio lunare ricurvo sul pianoforte a rantolare di relazioni sentimentali andate a male, e della vita finita peggio". Chiaramente non manca la sua solita ironia che rende il tutto davvero intrigante, al di là della musica stessa. La sala è piena. In un angolo del locale c'è un piano con sopra una piccola bajour che illumina fioca di rosso. Ancor più rosso sono i drappi che scendono dai muri... e rosso è il vino contenuto nel calice dal gambo lungo preparato per il cantastorie siculo. Entrato in scena defilato, posa le mani sui tasti d'avorio. Piovono note qua e là lungo tutta la tastiera, diciamo pure che si tratta di una fase conoscitiva con lo strumento, col brusio della sala, e con se stesso evidentemente. Sembra sussurrarsi in un sospiro "d'accordo, facciamolo", perché dovete sapere che è il primo show solo/acustico col nome 'Agghiastru'.

Si parte con 'L'incantu'. Si comprende subito che la serata è fortemente intima e carica di pathos. Elegante nei fraseggi con le lunghe dita, ma anche violento nel crescendo finale del brano. Agghiastru invita il pubblico a dargli una mano, anzi due... La gente inizia a battere il tempo tra applausi non sincronizzati e il tintinnio di bicchieri, sul piano arriva 'Stravìa'. Bellissimo, non è da solo in quell'angolo, cosa che temevo, ma partecipa con la gente ad un incontro intimo ma aperto alle emozioni di questo suo viaggio interiore. E' un susseguirsi di brani estratti dal debut-cd 'Incantu' eseguiti con trasporto e una nuova veste acustica, ma quello che più coinvolge è il suo essere show-man. Tante chiacchiere tra un brano e l'altro, battute, risate "guardate come mi sono ridotto dopo aver incontrato Lei, quel tipo di Lei che tutti noi incontriamo nella vita e che poi perdiamo, alla quale dedichiamo le migliori bestemmie, io pesavo centoventi chili, prima...". Infatti sconvolge fisicamente per la sua magrezza, forse eccessiva. Bella la nuova 'Saru_Mantici' che parla di un cantastorie del dopo guerra che, pur frequentando tutti talami delle più belle ragazze del paese, non conosceva cosa fosse il vero amore. Qui mi sembrava proprio di assistere ad una performance alla Vinicio Capossela... Ma ecco la parte più teatrale. Si ride e si canta su 'Vitti 'na Crozza'. Sistema il teschio sul piano e intona la triste melodia prendendosi gioco di un luogo comune che vuole il popolo siciliano allegro e solare. La canzone nota ai più, chiaramente parla di un morto che si lamenta perché non ha trovato sepoltura. Ecco ancora protagoniste le mani del pubblico con 'La Morti'. Qui non essendo supportato dalla band che avrebbe rinforzato con dei tamburi tribali, Agghiastru si avventa sul piano creando un impatto inatteso e convincente. Anche 'Sangu' viene proposta in questa veste acustica con il satiro siculo che pesta, percuote, violenta i tasti. C'è spazio anche per 'Nichea' eseguita col fiscaletto di canna "che produce una musica agro/dolce come la mia terra".

Ci sono anche tre brani chitarra e voce: 'Suli', 'Fruscura' e 'Tintu'. Tutto lo show, molto dinamico se si pensa ad un concerto solo/acustico, è un fiorire di strumenti governati da Agghiastru in maniera ineccepibile, di marchingegni (rose, carillon, teschi, lenzuoli sanguinanti, campanacci) e siparietti teatrali, tanto che il tempo scorre velocissimo. Ci sono in sala fan di Inchiuvatu, bene, nella parte finale dedica loro 'Addisìu', 'Agghionna & Scura', 'Veni' e 'Ciuri' nonché la conclusiva 'Scuru'. Sono stati eseguiti venticinque brani mi pare, per due ore di spettacolo assolutamente originale e di grande impatto emotivo. Anche da solo Agghiastru si conferma davvero un protagonista del palcoscenico, infatti mi risulta difficile ormai pensarlo solo come un musicista (lui preferirebbe il termine 'musicante') proprio perché la sua performance travalica nel teatro con estrema semplicità.

Maddalena Van Hausen

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