LA TERRA GIRA ANCORA
Solo un amarcord.
Se vuoi una “vera” recensione volta pagina.

FLASHBACK

Appena “La Terra” inizia a girare mi ritrovo nei pressi di una grande tenda, occultata tra la folta vegetazione sulle sponde di un fiume.
Ho qualcosa come sedici anni: i capelli molto lunghi, un imbarazzante look da ingenuo freak, l’inevitabile, ansiosa fretta di crescere ed uno sguardo affamato sul mondo.
Ma quel che mi sorprende di più ritrovare sono gli odori: quello dell’erba alta, ravvivato da un temporale estivo, che si mescola agli immancabili effluvi di Patchouli. Odori di primi anni ’70, come quello intenso ed acre delle borse di cuoio grezzo, accessorio d’ordinanza di giovanissime versioni subalpine di una gioventù che, anni prima, aveva sognato un sogno lisergico e beat.
Un odore ancora più intenso e primitivo emana dai bonghi, bagnati per tenderne la pelli prima degli estenuanti tentativi di qualche improvvisato percussionista, che echeggeranno nel silenzio della placida vallata.
Siamo un branco di adolescenti alle prese con una rappresentazione velleitaria della libertà come alterità. E impegnati in buffi tentativi di riprodurre quella che immaginiamo essere la via “alternativa” all’età della “ragione”.
Dentro quelle tende avranno luogo improbabili promiscuità all’insegna del libero amore: goffe orge tra il fumo dell’erba nostrana e l’aroma di anice francese dell’abusato Pastis.
E interminabili discussioni, visioni di possibili scenari futuri, parole generate da desideri che non ammettono esitazioni o attese.
Poco più in la, in uno spiazzo tra gli alberi, di li a qualche giorno, sarà montato un palco per ospitare ininterrotte jam sessions aperte a tutti.
Ancora non so che alcuni tra quei tipi più “vecchi” di noi, che sembrano spandere attraverso i propri strumenti, in un misterioso incrociarsi di sguardi, i suoni nervosi di una natura ben più “selvaggia” della nostra, sarebbero divenuti nomi noti nel panorama jazz. Li sto ad ascoltare come si ascolta una lingua sconosciuta.
Perché sono una parte del tutto, parte di un flusso costante di sensazioni.

Ma le immagini si sovrappongono e si annullano, dissolvenze incrociate e buchi nella memoria.
Ah, si, gli Aktuala….
C’è questo disco, “La Terra”, a volte un lp, in qualche soffitta o in un appartamento libero dalla presenza di genitori e divenuto succursale del camping selvatico. Più spesso è una cassetta: in auto, al chiosco della stazione, nei boschi…
E c’è la straordinaria sensazione che questa musica senza parole sia in assoluta sintonia con noi, con quel desiderio di altrove che ci attraversa. Lungi brani di apparente anarchia, viaggi compiuti sulla scia dei suoni di strumenti che hai sentito raramente o mai, e mai insieme, mai così “liberi” e vicini al tuo spirito in cerca di un altro “spazio” nel quale vagare.
Sembrano in accordo persino con gli odori, con quel miscuglio di afrori naturali e di profumi orientali, con gli assolati rituali “fumosi” e con gli incensi notturni.
E sono sicuramente in sintonia con la magia di quel cielo spalancato sulle nostre teste come un enigma tempestato di stelle.

REGALI INVOLONTARI E TENTATIVI D’OBLIO

Avevi poi comperato il disco, l’avevi quasi consumato, quando il prestito ad un’amica lo trasformò in un regalo involontario.
Ma il tempo inghiotte tutto.
E dimentichi.
O credi di dimenticare.
E senza quasi accorgertene diventi un altro: in una manciata di anni l’ingenuo freak si è dissolto, senza lasciare tracce apparenti. E se ne era affiorata qualcuna eri stato lesto a cancellarla.

E’ l’età adulta, mon amì: a volte si diventa killer di una parte di se stessi.
E si delibera anche la propria ”impunità”.
Ma, altre volte, magari trent’anni dopo, basta recuperare la ristampa in cd del secondo disco degli Aktuala (LP Bla bla ’74-CD Artis ‘92) per essere trasportati, attraverso un varco nel tempo, nei pressi di una tenda nascosta tra la fitta vegetazione sulle sponde di un fiume.
Dove si ha modo di osservare il proprio giovanissimo fantasma, un freak innocente che inciampa e si rialza mentre, avanzando, asseconda cocciutamente la propria sete di esperienze, sentendo ogni cosa con un’intensità che oggi non riesci neppure a ricordare.

Lo so, è un esercizio di pessima scrittura sentimentale.
Ma è anche l’esatta descrizione di quello che mi è accaduto riascoltando, ieri sera, dopo tanto tempo, “La Terra”.

Un disco che consiglio senza indugi ai tanti giovani utenti di DeBaser che stanno viaggiando tra i suoni meno prevedibili della musica italiana degli anni ’70, tra il primo Battiato, Area e Perigeo, ad esempio. E anche a coloro che allargano le proprie indagini negli stessi anni alle “porte del cosmo” o al suono psichedelico che incontrava l’oriente.
E siccome questo, insieme al primo ed omonimo disco degli Aktuala, è anche uno di quelli che hanno attraversato meglio il tempo senza subirne gli oltraggi, in virtù di una grande perizia tecnica e di un’anima in anticipo sulle derive future di certi suoni (praticamente tra i primi esempi di una vera world music) ho scritto anche una paginetta dove tento di descriverlo sinteticamente, fornendo altre indicazioni che mi auguro di qualche utilità.
Se vuoi leggerla clicca qui.
Se invece vuoi fidarti di quel ingenuo freakettone, procurati un giro su “La Terra”.
E bon voyage.

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