Compositore e musicista poliedrico, Alan Kooper nel 1970 è una vera e propria stella nel firmamento musicale. Già membro di The Blues Project e Blood, Sweat & Tears, ha prestato i suoi servigi a molti dei più grandi personaggi nei campi del rock e del blues, come Bob Dylan, The Jimi Hendrix Experience, The Who, Taj Mahal e The Rolling Stones, tra gli altri. Nel 1968 inoltre lega il suo nome a quelli di Steve Stills (Buffalo Springfield, CS&N, CSN&Y) e soprattutto di Mike Bloomfield (Paul Butterfield Blues Band, The Electric Flag) nel fortunato progetto andato sotto il nome di "Super Session". Sulla scia del successo dell'album, Al organizza una breve tournee immortalata nel magnifico doppio Lp "The Live Adventures Of M.B. & A.K.", poi integrato dalla successiva pubblicazione di "The Fillmore Lost Concert Tapes" (2003). Non pago, il tastierista unisce le sue forze a quelle del misconosciuto chitarrista Shuggie Otis, quindicenne figlio del più celebre Johnny Otis, per registrare il secondo capitolo della serie "Super Session".

Diviso in due parti, il disco è un ottimo compendio di soul, gospel e blues: la prima metà, "The Songs", vede un Al Kooper sugli scudi nel ruolo di tastierista, pianista e cantante, con prestazioni che quasi oscurano uno Shuggie Otis più in disparte. L'inizio è affidato a "Bury My Body", un lungo gospel incendiario firmato dallo stesso Kooper e caratterizzato dall'incessante lavoro dei sessionman Wells Kelly alle pelli e Stu Woods al basso, seguito dall'unico strumentale della prima parte dell'album, quella "Double Or Nothing" di Booker T. & The MG's interpretata con un piglio decisamente soul dal gruppo. La successiva "One Room Country Shack" è un blues un po' scontato, mentre la conclusiva "Lookin' For A Home" è una ballata soul in cui si segnalano la prestazione vocale del leader e una spettacolare interpretazione alla sei corde da parte di Otis.

Il secondo lato, intitolato "The Blues", è composto da un tris di jam blues in cui virtuosismi mai banali si accompagnano allo spiccato senso melodico dei musicisti: emerge qua la figura del giovanissimo Shuggie Otis (appena al suo secondo Lp) vero protagonista della sessione. Tra due ispiratissimi blues "tradizionali" spicca "Shuggie's Old Time dee-di-lee-di-leet-deet Slide Boogie" in cui i due protagonisti ricreano l'atmosfera dei vecchi duetti piano-chitarra slide registrati su 78 giri.

Shuggie Otis pubblicherà ancora una manciata di album in proprio (tra i quali si segnala "Here Comes Shuggie Otis") prima di rifiutare una chiamata da parte dei Rolling Stones nel '75 ed essere relegato al ruolo di sessionman; Al Kooper dal canto suo diverrà produttore di successo riducendo però al lumicino le uscite discografiche dal '73 in poi, senza per questo rinunciare ai concerti.

Oscurato dal ben più famoso predecessore, "Al Kooper Introduces Shuggie Otis" è un gustosissimo album che presenta al grande pubblico il talento del giovanissimo chitarrista (qua forse nella sua miglior prestazione catturata su disco) e conferma ad altissimi livelli uno dei massimi interpreti della tastiera e dell'organo hammond in particolare, che ha saputo creare nel corso degli anni un suono inconfondibile paragonabile soltanto a una cascata di note.

Se avete apprezzato "Super Session" non perdetevi questo disco.

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