Spesso in passato sono stati realizzati film di buona fattura tecnica tratti da opere letterarie di grande livello e richiamo. Il passaggio dal testo scritto alla pellicola a volte si fa sentire tanto da indurre a recuperare il romanzo. Nel caso del film qui recensito ("La chamade") non noto uno stacco qualitativo : la trasposizione cinematografica è fedele al testo . Da notare che l'autrice del romanzo, Francoise Sagan, è stata un po' dimenticata (morendo qualche anno fa in completa indigenza). Eppure in vita conobbe un meritato successo quando, appena diciannovenne, diede alle stampe nel 1954 il romanzo d'esordio "Bon jour tristesse" suscitando scandalo per la disincantata descrizione della noia esistenziale dei giovani francesi dell'epoca (e per questo le illuminate autorità vaticane pensarono bene di mettere all'indice il romanzo di Sagan..).
Con questa aura trasgressiva, l'autrice proseguì brillantemente la carriera letteraria fino a pubblicare , nel 1965, "La chamade " da cui fu tratto l'omonimo film nel 1968 che ho rivisto recentemente su YouTube e di cui sono riuscito a acquistare copia del DVD da un rivenditore francese (in Italia è introvabile).
Ma cosa può suscitare l'interesse per questo film di tanto tempo fa ? Se ci si attiene alla trama nuda e cruda non si va oltre un banale triangolo amoroso. Al centro della vicenda c'è Lucile, un'affascinante giovane donna legata a Marcel, un uomo facoltoso di mezza età (un indimenticabile Michel Piccoli ) che la coccola e vizia in tutto e per tutto. Finché un bel giorno Lucile incontra un giovane fascinoso di nome Antoine ma per niente ricco, dovendo lavorare nel mondo dell'editoria. E' amore a prima vista, ma la nuova vita per Lucile comporta anche sacrifici, un lavoro da svolgere nell'archivio di una casa editrice . Inutile dire che la protagonista non è portata per tutto questo, oltretutto scopre di essere incinta e, dovendo scegliere , torna dal vecchio amore che non solo le procurerà i mezzi economici per le spese dell'aborto, ma la riaccoglierà a casa archiviando il tradimento.
Così sommamente esposto potrebbe passare per un qualsiasi romanzetto rosa nel solco di Liala. Ma sottotraccia si può ritrovare un fedele spaccato di vita nell'affluente società francese degli anni 60 del secolo scorso, immediatamente prima che scoppiasse la rivolta studentesca del maggio 1968 a Parigi . Qui i personaggi conducono un'esistenza dorata fra agi e feste, la protagonista Lucile pensa di essere realizzata per il solo fatto di amare ed essere mantenuta da un alto borghese . Certo, poi capita di incrociare un bel coetaneo che, per mantenersi, deve svolgere un normale lavoro non retribuito così tanto. Lucile è indubbiamente un ' inguaribile romantica, le capita anche sì di leggere casualmente una frase di William Faulkner che, in sintesi, loda il piacere della vita gaudente senza patemi d' animo e obblighi sociali come il lavoro. Lei lo prende alla lettera, non si presenta più in ufficio e si illude che basti amare perdutamente l'ignaro Antoine (che quando scoprirà il fatto avrà di che arrabbiarsi).
Tutto questo mi induce a pensare che Lucile, donna dal comportamento romantico e per niente femminista, sollevi comunque un tema importante e ampiamente dibattuto : il lavoro può dare soddisfazione a chi lo svolge, può essere motivo di realizzazione delle proprie possibilità e aspettative? Oppure è solo causa di alienazione e sfruttamento? Quello che comunque emerge semmai in questa vicenda è che la protagonista non potrà fare a meno di disporre di denaro, vendendo alcuni suoi gioielli, per potersi concedere degli agi. E ciò la riporterà all'ovile, tornando da Marcel. Per una donna come lei è ancora presto prendere coscienza della propria condizione di donna subalterna, gli ideali di emancipazione e liberazione femminili che si faranno strada alla fine degli anni 60 in Francia e in Occidente in generale per lei potranno aspettare ancora .
Un film che , visto oggi dopo che tanta acqua è passata sotto i ponti, può farci riflettere su una figura femminile così cieca in amore ma non fino al punto di rinunciare a certi agi e vizi. Piuttosto, quello che non mi convince fino in fondo è proprio la recitazione di Catherine Deneuve nei panni di Lucile. Certo lei è pur sempre brava e bella (all'epoca del film aveva 24 anni nel pieno del fulgore della bellezza ). Però a vederla così, intrisa di un fascino algido, mi ricorda certe donne così perfette da andare in crisi se un solo capello si è mosso di un millimetro . E qui interpreta una donna passionale, che soffre d'amore e deve pure prendere una decisione dolorosa quale quella di abortire . Forse sarebbe stata più indicata, anziché la Deneuve bella da rivista in carta patinata, un'attrice dotata di una bellezza più caliente, sulla falsariga di quella incarnata da una Brigitte Bardot (a quei tempi già leggermente più anziana della Deneuve). Ci si deve quindi accontentare (e comunque la Deneuve è stata a modo suo un sex symbol, popolando i sogni erotici di miliardi di uomini..).
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