Nel 2009, purtroppo, si consuma la definitva rottura tra Aldo Tagliapietra e Michi Dei Rossi, Tony Pagliuca se n'era già andato da tempo immemore, per la precisione, l'ultima sua partecipazione ad un disco delle Orme, risale al 1990, quando uscì il mediocre "Orme", di cui, tra l'altro, firma solo un brano: "25 Maggio 1931". Rimasto l'unico componente del nucleo storico, il batterista, coadiuvato da giovani e talentuosi musicisti, oltre che, dall'ormai rodato, Michele Bon, si assume la responsabilità di portare avanti il nome del celebre gruppo. E' così che, nel 2011, Le Orme, guidate da Dei Rossi, rilasciano l'interessante concept album "La Via della Seta"; il pesante incarico di insediarsi nelle vesti di vocalist, senza fare rimpiangere troppo, l'assenza dell'insostituibile ed inimitabile, Aldo Tagliapietra, viene affidato a Jimmy Spitalieri, storica voce dei Metamorfosi. Il risultato è davvero buono, ma il problema vero, si porrà ai concerti, quando Spitalieri, dovrà confrontarsi con il repertorio storico delle Orme, la sua vocalità, potente e particolare, non è particolarmente adatta, a cantare i brani, composti e pensati, per la ieratica voce di Aldo, unica ed inconfondibile. Nello stesso anno, Aldo Tagliapietra, pubblica l'interessante, doppio album, "Unplugged", dove reinterpreta alcuni tra i brani più rappresentativi delle Orme e della sua discografia solista, in chiave acustica. Ma è solo nel 2012, con "Nella Pietra e nel Vento", che darà alla luce al primo album di inediti, della sua carriera solista, dopo la sua ultima fatica discografica, "Il Viaggio", risalente al 2008. Rispetto al precedente album, la differenza che salta immediatamente all'orecchio, è l'accantonamento del sitar, strumento che ha avuto un ruolo preponderante ne "Il Viaggio", interamente suonato con strumenti indiani, ed ispirato, neanche a dirlo, al viaggio che l'artista intraprese nel 1998, in India. "Nella Pietra e nel Vento" è caratterizzato da brani più brevi, immediati, rispetto al passato; le musiche contenute, sono meno intricate, i brani sono più semplici e melodiosi, rispetto ai recenti trascorsi. Per quanto concerne le liriche, l'album si riallaccia alle tematiche trattate, sia dal suo gruppo di provenienza, in particolar modo al periodo che parte da "Il Fiume", opera prima di una trilogia incentrata sul rapporto dell'uomo con la natura, la fede, il misticismo orientale, sia nel suo precedente disco "Il Viaggio", discostandosi però, da questo, come già detto, nelle sonorità. La bellissima copertina dell'album è un opera di Paul Whitehead, intitolata "The Stonecutter", ispirata a Tagliapietra, e ricorda, nemmeno troppo vagamente, quella di "Nursery Crime" dei Genesis. Whitehead, oltre ad avere collaborato con artisti del calibro di Van Der Graaf Generator, Peter Hammill e Genesis; si era occupato delle copertine delle Orme, dai tempi di "Smogmagica", sue, anche le opere che rappresentano "Elementi" e "L'Infinito". Aldo Tagliapietra, in questo album, si avvale della collaborazione di giovani e validissimi musicisti: Aligi Pasqualetto alle Tastiere, Piano e Minimoog; Andrea De Nardi all'Organo Hammond; Matteo Ballarin alle chitarre; Manuel Smaniotto alla batteria. "Nella Pietra e nel Vento" è un'opera molto autobiografica, il brano "Il Santo", per esempio, parla dell'incontro dell'artista con il Dalai Lama. Tutta l'opera è pervasa dalla filosofia di vita dell'artista che, da parecchi anni, ha abbracciato uno stile di vita devoto al misticismo orientale. L'inserimento, nell'organico, di due tastieristi, con l'utilizzo di Organo Hammond e Minimoog, scaturisce delle sonorità che richiamano fortemente il rock progressive degli anni '70, anche se la struttura dei brani è molto più snella. Anche la durata del disco richiama gli anni '70, circa 45 minuti di ottima musica, (un timing nettamente inferiore rispetto agli album che, normalmente vengono pubblicati recentemente). Musicalmente, la cifra stilistica di questo disco, ricorda vagamente "Storia o Leggenda", disco nel quale, Le Orme, tentarono di aggiornare il loro sound, proponendo brani meno prog rispetto al passato, più inclini ad un pop cantautorale di gran classe. Tanto per sgomberare il campo dagli equivoci, questa è la mia prima recensione, non ho alle spalle alcun tipo di studio musicale, forse, avrò utilizzato termini tecnicamente inappropriati o, addirittura, inesatti, ma, dal momento che questo album, che mi è molto caro, non era ancora stato recensito, ho pensato, più che altro, tentato, di recensirlo io, in qualche modo.
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