Premetto che io, oggi, che ho quasi 18 anni e vivo a Roma, mia città nativa, da eterosessuale al 100% sono sdegnato nel vedere come il mondo transessuale (come quello omosessuale) sia ridicolizzato da ipocriti che si vedono in certe discoteche (?) o in certe manifestazioni che si tengono a giugno sempre qui nella Caput Mundi (cioè... a sto punto meglio quando si tengono nelle altre città d'Italia) che dicono di essere colti ed intelligenti quando invece si dimostrano tanto falsi quanto furbi (avete capito di chi parlo). A prescindere dalla libertà di espressione, se è vero che ognuno di noi ha un cervello per riflettere, è anche ingiusto che certi idioti che si vedono in giro (che manco si capisce se sono davvero transessuali o drag queens) ci debbano imporre il loro pensiero su come si debba fare per aiutare il mondo transessuale. E non dobbiamo abboccare al solito vecchio vizietto di parlare di razzismo ogni volta che c'è qualcuno che a noi non piace di questo tipo, perché non stiamo insultando l'intero genere. Certo, a volte ci si spiega male, ma il concetto rimane questo.

Premesso tutto ciò, personalmente i/le transessuali che difendo sono quelle che non si mettono in ridicolo e cercano di essere sé stessi/e nel modo più VERO possibile. Eva Robin's, affascinante creatura femminile, ambigua ed androgina allo stesso tempo, che ho conosciuto (non di persona) all'età di 8 anni tramite una rivista di cinema di Telepiù appartenente a mio zio, mentre ero in vacanza con i miei a Caserta, è una di questi/e. Ma non sapevo la sua storia. Solo col tempo ho saputo tutto su di lei. Ma ciò non ha alterato il mio parere (e la mia rispettiva passione) per Eva, che io adoro allo stesso livello di tutte le ragazze che mi piacciono. Ma questa è un'altra storia.

In questo "Belle al Bar", uscito nel 1994 e che io ritengo uno dei miei films preferiti tra quelli che ho visto fino ad oggi, un uomo toscano, originario di Pelago (credo si trovi vicino Firenze), aveva saputo prendere il toro per le corna, proprio grazie alla presenza di questa Eva nel cast principale. Quest'uomo, ex componente dei Giancattivi (gruppo teatrale a cui appartenevano anche Francesco Nuti ed Athina Cenci, erano gli anni '70/primi anni '80), si chiamava Alessandro Benvenuti, che noi conosciamo soprattutto per "Ad Ovest di Paperino" (unico film realizzato assieme ai due sopraccitati) o per il simpaticissimo "Zitti e Mosca", ritratto della trasformazione del Partito Comunista Italiano in Partito Democratico della Sinistra.

La trama è semplice ma efficace: la vita del restauratore Leo (Benvenuti) trascorre su binari relativamente tranquilli. Il lavoro non gli dispiace e il matrimonio, per quanto turbato da ombre di crisi, procede imperterrito. Ma quando un amico antiquario, che abita in un'altra città, gli offre un incarico temporaneo, gli offre un incarico temporaneo, accetta di buon grado. Leo sembra quindi avviato verso una nuova routine. Ad interrompere il flusso della sua esistenza interviene una donna misteriosa (Eva) che comincia a pedinarlo. Di lì a poco la cosa si chiarisce. La sconosciuta è Giulio, il cugino del restauratore, che non vedeva da dieci anni, nel frattempo divenuta un'affascinante creatura di sesso femminile.

Il film scorre liscio, senza problemi, ci si fa anche un po' di risate, e si nota l'attenzione ai dettagli che il buon Alessandro riserva dall'inizio alla fine, senza pretendere di fare un capolavoro (a differenza di un certo "OcchioPinocchio" sempre del '94, deludente in tutto). Ma il principale punto di forza del cast è sicuramente la stessa Eva Robin's, vero sex symbol del mondo transessuale, un incrocio ben riuscito tra bellezza e bravura, personaggio troppo sottovalutato all'epoca e ancora di più oggi, visto l'arrivo delle nullità da me citate sopra.

Peccato che dopo questo film, salvo alcuni colpi di coda, Benvenuti comincerà un lento declino artistico (molto simile a quello di Nuti, solo che per fortuna Alessandro non scivolerà nel problema della droga). E questo è un vero peccato.

Questo film va visto a mio avviso, per capire come si possa rappresentare qualcosa di difficile con una certa cura, attenzione e molta, molta, molta simpatia senza scadere nel becero come succede oggi. Al giorno d'oggi pochissimi in Italia lo sanno fare ai livelli di un Almodovar (anche se con molta più drammaticità, viste le tematiche dei suoi film). Pensiamoci.

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