Wacken Open Air 2009: dopo una trentina d'anni di onorata carriera, i Running Wild, indimenticati pirati del metal anni '80/'90, si sciolgono al termine dello show. Urge qualcuno che raccolga il loro scettro (o la loro bottiglia di rum), due nomi si fanno avanti: gli Swashbuckle e soprattutto gli Alestorm.
I quattro scozzesi (al secolo Christopher Bowes, voce e tastiera; Dani Evans, chitarra; Gaz Murdoch, basso; Ian Wilson, batteria) in effetti hanno più di un debito con la storica band tedesca: oltre, ovviamente, alle tematiche piratesche, gli Alestorm prendono in prestito le loro tipiche ritmiche power, ovvero doppia cassa schiacciasassi, chitarra a "motosega" nelle parti ritmiche ma molto melodica in quelle soliste, e cori epici a presa rapida. Una formula non originalissima, ad onor del vero, che ha avuto sicuramente più fortuna nelle mani degli ispiratori, ma che i nostri condiscono con una buona dose di tastiere sontuose (ma mai stucchevoli o banali, badate) che donano all'insieme un gusto molto cinematografico, quasi fossero la versione piratesca dei Turisas.
Un buon esempio del sound proposto dalla ciurma è "The Quest", apertura del loro secondo album "Black Sails at Midnight", uscito questa primavera. La canzone parte immediata, chitarra e tastiera all'unisuono forniscono subito un buon coro orecchiabile, perfetto da cantare ai concerti (o con gli amici, se si ha in circolo una dose sufficente di birra). Il piatto forte è però il pezzo seguente, "Leviathan", una vera gioia per le orecchie di chi ama sonorità epiche e potenti (sullo stile dei già citati Turisas, per intenderci): è un pezzo che farebbe la sua porca figura messo come commento sonoro di una qualsiasi scena d'azione di "Pirati dei Caraibi", e Barnes è davvero bravo nel descriverci la lotta contro il mostro marino, con il suo cantato da marinaio alcolista e la sua tastiera sinfonica sempre ricca di pathos.
Davvero un pezzo notevole, forse il picco dell'album, insieme a "Keelhauled", primo singolo estratto: la velocità aumenta, Barnes imita una fisarmonica e un violino per un brano che suona come se i Korpiklaani coverizzassero una canzone marinaresca. In effetti il gruppo finlandese risulta fra le influenze più evidenti della band, insieme ai già citati Running Wild e Turisas. In "Keelhauled" tuttavia la loro influenza si fa sentire molto più che nel resto dell'album, forte è il debito che questo pezzo nutre nei confronti della loro storica "Happy Little Boozer": stesso ritmo forsennato, stesso tema alcolico, stessa atmosfera da taverna (un'altro brano di questo album, "That Famous Ol' Spiced", sembra davvero uscito da una fumosa taverna scozzese del '700). Dopo la ballatona "To the End of Our Days" si riparte al fulmicotone con l'heavy/power della title-track, il pezzo più duro dell'album.
I pezzi forti dell'album sono questi, assieme alla conclusiva (escludendo le bonus tracks) "Wolves of the Sea", vero manifesto degli Alestorm (non a caso posta in chiusura anche dei concerti). Un buon album insomma? In linea di massima sì, un album piuttosto godibile, anche se non mancano ovviamente i difetti. In primis, una certa ripetitività di fondo, che, avendo il gruppo solo due album all'attivo, per fortuna si nota ancora poco. Certo, chi non è avezzo o non apprezza sonorità power o folk difficilmente digerirà questa seconda fatica degli Alestorm, ma gli amanti del metal epico/cinematografico andranno sicuramente in brodo di giuggiole. In secondo luogo, il cantato di Chris Barnes. Intendiamoci, è molto buono nell'economia della band, ma è fin troppo monocorde e ripetitivo. In qualche brano è perfetto allo scopo di creare l'atmosfera marinaresca tanto cara agli scozzesi, ma in altri (i pezzi nella seconda metà dell'album, soprattutto) ha l'aria del già sentito, e alla fine stanca.
Si spera quindi che i nostri pirati possano in futuro variare la propria formula, almeno in parte, perchè già un'altro album sullo stile dei primi due difficilmente sarebbe accettabile. il troppo stroppia, come si dice. E speriamo quindi che gli Alestorm non stroppino, o anzichè gli eredi dei Running Wild saranno solo l'ennesima promessa mantenuta a metà.
Il voto è un 3,5...arrotondo a 4 perchè è comunque superiore al primo album, e anche perchè mi stanno simpatici assai!
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