Come spesso succede il discreto successo di pubblico per questo film si accompagna a un giudizio poco positivo nel complesso da parte della critica. Nonostante le premesse del resto “Downsizing” è un film privo di effetti speciali particolari e senza contenuti e spunti di natura scientifica e/o cerebrali. Al contrario di quello che potrebbe apparire non vi sono sviluppati neppure temi particolarmente importanti sul piano sociale e se dite di cogliere nei suoi contenuti una certa retorica probabilmente avete anche ragione. Lungi da essere un film dai contenuti catastrofici e apocalittici, il film rappresenta comunque una certa decadenza per quello che riguarda il comportamento del genere umano: ma proprio nel momento decisivo ci mostra invece (in maniera forse prevedibile) quello scatto decisivo che spinge l'individuo non solo alla autoconservazione di sé e che invece sceglie di vivere finalmente la sua vita con gli altri e in mezzo agli altri.

Alexander Payne si affida a un attore oramai classico nel genere fantascientifico come Matt Damon. Siamo in un futuro prossimo e il mondo attraversa una crisi economica globale e il riscaldamento globale è sempre più una realtà minacciosa e incombente. Protagonista della storia è Paul Safranek, un fisioterapista che per dare una svolta alla propria esistenza decide di sottoporsi all'intervento di miniaturizzazione irreversibile ideato dallo scienziato e benefattore dottor Jorgen Asbjornsen (Rolf Lassgard). Il "downsizing" viene presentato come una risposta alle problematiche di natura economica (del resto tutto quello che è miniaturizzato costa ovviamente molto meno) e come l'unica risposta possibile a un avviato processo di autodistruzione del genere umano causa l'inquinamento massivo (ovviamente ridotto nel caso di un mondo completamente miniaturizzato). Presto sarà tuttavia evidente che questo tipo di soluzione è chiaramente insufficiente e una specie di illusione per quello che riguarda la soluzione di entrambe le problematiche e che anche questo micro-sistema sia destinato a deteriorarsi e finire distrutto come il "grande mondo" di cui del resto costituisce una specie di diorama vivente.

Il film non è un capolavoro e l'idea non è originale e costituisce un classico sin dagli anni cinquanta e magari chi ha più di trent'anni si ricorderà della grande popolarità di un film per ragazzi come "Honey, I Shrunk the Kids" di Joe Johnston e interpretato dal mitico Rick Moranis... Ma ci sono due-tre punti di forza per cui vale la pena guardare questo film. 1. Matt Damon è a suo agio in un ruolo che appare tagliato "su misura" proprio per lui. In ogni caso il fatto di essere divenuto oramai un attore classico per il genere fantascientifico è un grande merito che gli sarà riconosciuto negli anni. 2. La fotografia è molto buona. La resa di alcune scene del mondo miniaturizzato sono sicuramente molto piacevoli (ma come poteva essere altrimenti) e più che spettacolari in maniera pomposa sono come guardare dei villaggi costruiti con il Lego. 3. La mancanza di grossi temi e spinte cerebrali fa sì che questo film si avvicini alla cara vecchia sci-fi classica. Forse ingenua, ma sul piano cinematografico rende sempre meglio che altre soluzioni proprio per la sua semplicità e linearità. Niente trucchi da quattro soldi, ma semplicemente spazio alle idee e largo ai contenuti veri e propri. Funziona.

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