Film ambientati in college scolastici non costituiscono un genere inedito e certamente il primo titolo che si ricorda è "L'attimo fuggente". Ma " The holdovers - Lezioni di vita", ultima opera a firma di Alexander Payne (autore di pellicole come "A proposito di Schmidt", "Sideways", "Nebraska"), prende a pretesto la suddetta ambientazione per proporre un discorso più ampio sull ' insoddisfazione esistenziale che si può nutrire in fase di bilanci di vita, sia da giovani, sia quando si giunge alla mezza età.
La trama si svolge alla Barton Academy nel New England USA in prossimità delle festività natalizie del 1970 (in una fase importante e travagliata della storia sia yankee, sia internazionale). Qui studiano i giovani rampolli dell'agiata borghesia americana e il professore di letteratura classica Hunham (impersonato dall'ottimo Paul Giamatti) fatica non poco ad insegnare a giovani poco propensi allo studio. La sua giusta severità si scontra anche con considerazioni di opportunità se si tratta di giudicare qualche zuccone figlio di influenti politici, tanto che il preside dell'istituto fa presente al docente che non sarebbe male essere più indulgenti con certi clienti danarosi e munifici. Insomma, il professore non se la passa proprio bene, anche se ripensa al grigiore del suo impiego ( proprio lui che ha grandi doti intellettive).
Succede che, in occasione della pausa natalizia, gli studenti lascino il college per tornare in famiglia. Almeno quasi tutti, perché qualcuno non è così fortunato e a dover restare al college è uno studente di pronta intelligenza ma molto rompi scatole come Angus Tully (interpretato dall'esordiente Dominic Sessa, nome da tener d' occhio per la recitazione da manuale). L' inquietudine del ragazzo è dovuta ad una situazione familiare difficile, con un padre ricoverato in un istituto per la cura di soggetti psichicamente instabili e una madre che è in viaggio di nozze con un nuovo uomo. Professore e studente, unitamente alla cuoca della mensa dell'istituto ( pure lei immersa in una fase problematica per la morte del figlio in azione sul fronte vietnamita), dovranno passare due settimane alla Barton Academy. Si tratta, quindi, di tre persone che hanno tutto il diritto di essere incazzati con il mondo e con quanto la vita gli ha finora riservato.
Ma è proprio in quella finestra temporale fra il Natale 1970 e il Capodanno 1971 che gli eventi in cui saranno coinvolti i tre delineeranno gradualmente delle possibilità inaspettate (e qui non intendo spoilerare per non guastare l'effetto sorpresa) per uscire da quel cul di sacco esistenziale in cui i personaggi si trovavano nelle prime battute della vicenda. Ne usciranno motivati a voltar pagina, perché per quanto ci si possa trovare demoralizzati, bisogna saper trovare la forza per ribaltare qualsiasi situazione difficile. È pur sempre vero che in fondo al tunnel splende la luce che ci riporta alla superficie, dotati di maggior determinazione e forza.
Avevo fatto prima cenno ad un film come "L'attimo fuggente" che era dotato di una struttura più corale rispetto a " The holdovers - Lezioni di vita". Quest'ultimo si concentra sul vissuto di tre personaggi delusi dai rovesci della vita, ma non ancora rassegnati. E il loro vissuto ce li fa sentire vicini, perché il regista Payne conferma la sua predilezione , esplicata nelle sue opere, per quelle persone catalogabili nella vasta categoria dell'"ordinary people" dotata di un forte senso pratico e priva dei cosiddetti grilli per la testa degli "happy few". Sono le vicissitudini, insomma, dei comuni mortali che devono misurarsi con le asperità quotidiane e provare a migliorarsi.
Portare la cinepresa a filmare la vita quotidiana, senza orpelli, come fa Payne è un colto rimando a quel cinema americano che animò il periodo dell'altra Hollywood fra la fine degli anni '60 e i primi anni '70 del secolo scorso. E, a mio parere, tutto ciò rivitalizza il cinema in generale ( non solo quello yankee) perché stimola la nostra empatia e la nostra riflessione.
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