"Credo che un film come questo rappresenti qualcosa di molto importante in una carriera; è la realizzazione di un sogno che ogni regista deve accarezzare ad un certo periodo della sua vita, il sogno di poter legare le cose in modo da ottenere un solo movimento" (François Truffaut)

Sono le 19:30 di una sera come tante, in una New York che sembra voler rimanere seduta in fondo alla sala a godersi lo spettacolo, quando la telecamera decide di scostare le tende di un appartamento qualsiasi, per spiare cosa vi stia succedendo. Inizia il piano sequenza. Un tempo. Uno spazio e un'azione. E l'azione, come spesso accade in questi casi, è un omicidio: Brandon (John Dall) e Philip (Farley Grander) strangolano con una corda il loro amico ed ex compagno di scuola David (Dick Hogan), proprio pochi minuti prima che arrivino gli ospiti per una piccola festa che i due hanno organizzato nel loro appartamento. Decidono così di nascondere il cadavere in una vecchia cassapanca nel soggiorno, sopra la quale verranno disposte le pietanze da offrire agli invitati. Ospite d'onore della serata, però, sarà il loro vecchio professore, Rupert Cadell (James Stewart), il quale, insospettito dall'assenza ingiustificata di David, cercherà di scoprire cosa si nasconda dietro al nervosismo crescente dei due padroni di casa. .

Molti considerano "Nodo alla gola" (titolo originale - molto più azzeccato - "The Rope", anno 1948) poco più di un esperimento, un esercizio di stile volto ad appagare lo sconfinato ego registico di colui che a tutto gli effetti può considerarsi il maestro non solo del thriller, ma anche del cinema voyeuristico: Alfred Hitchcock. Il concetto che sta alla base di questa pellicola, infatti, è quella di girare interamente un film senza stacchi, utilizzando un unico, ininterrotto piano sequenza. Cominciamo subito col dire che un tale progetto, così come venne concepito, non si sarebbe comunque potuto realizzare, per il semplice fatto che, ai tempi, non esistevano bobine abbastanza lunghe. Proprio per tale motivo, Hitchcock decise di ovviare all'inconveniente utilizzando una serie di espedienti registici (a dir la verità non tutti pienamente riusciti), per cercare di limitare nello spettatore la sensazione di "stacco" di inquadratura e suggerendo perlomeno l'illusione di un piano sequenza unico. Ecco allora che la telecamera, ogni dieci minuti circa, si avvicina ad un oggetto scuro (il più delle volte una giacca), fino a riempirne l'inquadratura, salvo poi allontanarsene (a stacco avvenuto), come se si fosse trattato di un semplice movimento di camera in piano sequenza. Per risolvere gli inevitabili problemi scenografici di mobilità della macchina da presa, vennero addirittura installate delle piccole rotelle, in pratica sotto ogni elemento d'arredo all'interno dell'appartamento, oltre ad una serie di microfoni fissi in modo da poter rinunciare alla giraffa.

Le implicazioni di una tale scelta registica, inutile dirlo, sono innumerevoli. La telecamera finisce per essere un occhio privo di palpebre, il sogno di ogni spione, che, finalmente, non ha più bisogno di distogliere lo sguardo dall'oggetto delle sue attenzioni. Il tempo del reale non viene più scomposto e ricomposto artificiosamente in fase di montaggio, ma giunge ad identificarsi con quello cinematografico. Ma, soprattutto, a cambiare è il ruolo assunto dal pubblico. L'unico testimone dell'omicidio è lo spettatore (cui fin dalle prime inquadrature viene rivelato il volto dell'assassino), ma si tratta di un testimone impotente, impossibilitato a rivelare agli altri coprotagonisti il proprio segreto e a porre fine all'intera vicenda. Si sviluppa così una sorta di "suspence al contrario", di impersonificazione del pubblico con i due assassini. Solo loro, infatti, sanno che fine abbia fatto David. Solo il pubblico può condividere la tensione crescente di Brandon e Philip. Solo il pubblico può capire quali insinuazioni, quali commenti, e quali azioni degli ospiti possano mettere in crisi il loro piano. Solo il pubblico e gli assassini possono cogliere il lato grottesco non solo dell'utilizzare una bara come tavolo portavivande, ma anche di tutti i discorsi a proposito di polli a cui viene tirato il collo, di strangolamenti e impiccagioni con cui gli invitati si sollazzano. Ed ecco creato, quindi, proprio quell'understatement che Hitchcock tanto amava, quel riuscire a contrapporre situazioni o tematiche macabre e drammatiche con i toni leggeri e ilari della conversazione dei personaggi o dell'ambientazione.

Brandon e Philip uccidono David apparentemente senza alcun movente. Dovendo sorvolare per questioni di spazio sulle interpretazioni di chi abbia visto (più o meno fondatamente) un suggerito rapporto omosessuale tra i due carnefici (i quali avrebbero voluto punire l'amico "traditore", reo di essersi unito ad una donna), maggiore attenzione merita il molto meno celato approccio critico alla teoria niciana del superuomo, o almeno ad alcuni dei suoi aspetti maggiormente suscettibili di "fraintendimento". In "Nodo alla gola" non sono solo gli assassini a finire sul banco degli imputati, ma anche e soprattutto ciò che li ha spinti ad uccidere. Brandon, che dei due è sicuramente il più viscido, il più cinico e cervellotico (la metà dominante della coppia, se vogliamo), è convinto che l'omicidio sia un'"arte riservata a pochi eletti" i quali, proprio tenuto conto della loro superiorità intellettuale e sociale, sarebbero legittimati a compierlo. Non solo il gesto dei due protagonisti, quindi, ma anche la stessa scelta di rinchiudere il cadavere all'interno di un baule, si traduce in un chiaro rimando ai campi di concentramento (non dimentichiamo che il film fu girato nell'immediato dopoguerra) e, più in generale, a certi estremismi ideologici filonazisti. Hitchcock si limita a suggerirlo, eppure si direbbe che Brandon abbia premeditato tutto, l'omicidio, il ricevimento, addirittura l'invitare il prof. Cadell (suo mentore e massimo esempio di "mente superiore") per appagare il proprio ego e giungere, finalmente, a mettere in pratica le proprie folli convinzioni, negando l'esistenza ad un altro individuo immeritevole di vivere ("quelli come David occupano soltanto spazio").

Ed è un peccato che, perlomeno sotto questo punto di vista, la conclusione della vicenda, o meglio la sintesi dialettica che ne emerge (con il professor Cadell che ritratta e modifica le proprie convinzioni, sostenendone la validità esclusivamente da un punto d vista teorico), finisca per essere, a mio avviso, forse non del tutto convincente, perché eccessivamente buonista e moralista.

Alle 21:15 di quella stessa sera come tante, New York smette di godersi lo spettacolo e si prepara a riversarsi in quell'appartamento qualsiasi. Forse perchè risvegliata da quei tre colpi di pistola, forse perché, una volta svelato fino a che punto possa giungere la meschinità dell'animo umano, non rimane più niente da guardare. Fine del piano sequenza.

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