Si parla spesso di shoegaze, qui sponda dream pop, ma quel duettare col sogno, col ricordo malinconico ma non triste, va a fagiuolo come non mai nelle nuvole di questo gruppo che al tempo non ha trovato nessuno che gli porgesse la sua ala per farli volare verso la nostra direzione.
È come se il deserto dell'Arizona avesse posto un veto d'invisibilità sopra questa musica che riscattava millenni di secchi miraggi. E come si può biasimare l'occultamento di fronte a questi suoni celestiali? Non avremmo fatto lo stesso tenendoceli per il nostro intimo?
Una rivincita sull'aridità non si nega a nessuno, d'altronde non c'è blocco totale, c'è un'opzione di chi ha percepito l'entità dell'evento. La musica è lì, alla portata di tutti. E allora dov'è il dolo? Nella nostra incapacità di un'autostimolazione nel sentire invisibilità? Nel non saper interpretare la mappa del tesoro?
Fatto sta che nel 1994 dopo un 45 giri per la IPR con la consueta copertina materica stampata alla pressa di Bruce Licher, ecco che i nostri eroi, dopo anni di corteggiamenti sterili di svariate etichette discografiche della serie "tutti li vogliono e nessuno se li piglia", sono sponsorizzati da una piccola label che nel 1998 fa uscire una compilation "hush hush" in poche copie.
Gli altri non colgono, misteri discografici, perchè il gruppo merita, la musica è fantastica, il pathos si crea su tutti i pezzi, si è attirati in un'evanescenza sognante, la voce di Catherine è eterea quel tanto che basta, le chitarre si intrecciano cherubine, si viene proiettati in zone di pace del nostro essere pur rimanendo con i piedi (alati) per terra.
E il gioco del sù e giù, terra-atmosfera, è quel fiore segreto del deserto che si serba al distacco emotivo per poi darsi magniloquentemente nelle sue aperture. E stiamo bene, e siamo felici quando sentiamo le carezze di questo sound.
Nel 2017 è stato ristampato sia in vinile che in CD, un sussulto che rinverdisce i fasti di un'età dell'oro di un gioiello che si era voluto mimetizzare tra la sabbia incarnando la ginestra, che simboleggiando modestia e umiltà insegna che la pacatezza può creare rarefazione trascendentale per un viaggio nei momenti luminosi della nostra vita.
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