Negli anni d'oro del synth-pop, quando decine di giovanissime band armate di tastiere si affacciavano con successo più o meno duraturo sulla scena mondiale, i tedeschi Alphaville (dal titolo di un film di Godard) riuscirono a mettere a segno un importante primato con l'album di esordio "Forever Young", che tenne testa alle calssifiche europee per parecchi mesi e da cui vennero tratti ben 5 singoli.

Capitanato da Marian Gold e appoggiato dal cosiddetto Progetto Nelson, il trio teutonico si affermò inizialmente con un brano dalle sonorità orientaleggianti che nulla sembrava aggiungere al filone già battuto da Depeche Mode e altri epigoni del sintetizzatore, ma che grazie ad un titolo accattivante ("Big In Japan") catturò l'attenzione del grande pubblico. Pur non essendo il pezzo migliore dell'album, questa canzone dal ritmo squadrato e ridondante di campionamenti marziali è diventata poi un piccolo classico, al punto da venire coverizzata in contesti più o meno rilevanti (su tutte la versione nu-metal dei contarreani Guano Apes).

A seguire, sulla scia dell'interesse suscitato dall'album e dall'immagine vagamente glam del trio, si inanellarono altri successi clamorosi, come l'originale "Sounds Like A Melody" - che a fronte di un testo prevedibilmente new-romantic, martellava un tripudio si suoni analogici e concludeva con una lunga cavalcata pseudo-orchestrale - la sognante ballad elettronica "Forever Young" - anche questa ormai un classico più volte coverizzato - "The Jet-Set" e "A Victory Of Love", maestoso e malinconico brano che apriva l'album e sicuramente uno dei pezzi migliori della storia della band.

Pur non pubblicati come singoli, anche brani come "Summer In Berlin" e "In The Mood" hanno reso grande questo vinile d'esordio, spiccando per l'aura nostalgica delle liriche e per un buon intreccio ritmico-armonico, indubbiamente caratterizzato dal sound imperante dell'epoca (batteria elettronica, bassi analogici, violini sintetizzati) e tuttavia sopra la media degli arrangiamenti di altri gruppi allora di moda. Qualche cedimento sulle tracce a mio avviso riempitive di "To Germany With Love" - con il testo che parla di un emigrante e un'enfasi musicale fuori luogo -  e poi "Lies", che scivola via senza brillare. Ma nel contesto globale "Forever Young" è un titolo che ha fatto grande l'era del synth-pop e si è ammantato di una sua originalità stilistica durata a lungo.

Un nota sulla performance tecnica del trio, che non faceva finta di suonare (come spesso si sospettava di band analoghe costruite a tavolino) e trovava nella voce duttile di Marian un ottimo interprete, capace di passare dai toni bassi e pieni ai falsetti.

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