Nel 2004 dal cadavere dei Creed si staccano due gambe ed un cuore che trovano nella voce del cantante dei Mayfield Four il mezzo per tornare a produrre musica sotto il nome di Alter Bridge.

Da una parte Mark Tremonti sa suonare la propria chitarra, e sa anche mettere tutti i riff e tutta la sua tecnica al servizio del corpo hard rock con derivazioni grunge del gruppo ed i suoi due assoli nel brano che dà il nome al disco sono da custodire gelosamente e sono considerati tra i più belli della storia del rock, per quanto questo sia altamente e, al contempo, inutilmente discutibile. Allo stesso modo il cantante Myles Kennedy ha una gran voce, capace di aggredire, accarezzare e prendere il volo tra le note a seconda del momento, riuscendoci soprattutto nelle semi ballate in odore di stadio come "Brand New Start" o "Before Tomorrow Comes", ma anche in momenti più pesanti come "Ties That Bind" o "Come To Life".

In ogni brano il muro del suono è sempre tenuto alto dalla sezione ritmica, anche quando le introduzioni sono affidate alle chitarre acustiche e, finchè regge l'ispirazione, chi ascolta corre spedito assieme a loro, fino agli otto, drammatici, minuti della title track, che nel suo turbine di stati d'animo crea un climax dopo il quale sembra non poter esserci altro. Forse anche per questo gli ultimi cinque pezzi appaiono come l'ennesimo sbiadito e ripetitivo riempitivo di un album che poteva durare venti minuti in meno. Succede così che dal naufragio del tanto temuto lato B si salva solo "Wayward One", capace di recuperare punti con la sua andatura plumbea e rarefatta e, finalmente, con cambi di atmosfera degni della prima parte.

Se la voce di Myles Kennedy dà a questo "Blackbird", ed al suo mare di riff hard, ammalianti intarsi soul figli dell'esperienza con la precedente band (da recuperare almeno "Fallout" dei Mayfield Four), i testi reggono solo in parte il confronto con le trame sonore. Questo perchè alla fine il tema yankee del resistere alla vita, del "farcela" da soli e del rinascere dopo l'ennessima caduta contagia largamente la scaletta, stuccando il palato ed impoverendo la paletta dei colori.

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