C'è una scena, nella vecchia commedia di Buster Keaton ''The General'', che trovo incredibilmente appropriata per descrivere i primi anni '90 del panorama Thrash. In quel film Keaton è un macchinista sudista in piena guerra civile che cerca di recuperare la sua locomotiva dirottata da un gruppo di spie unioniste. Durante una sequenza memorabile, egli arriva persino a guidare un'altra motrice per inseguire i nordisti, sminuzza febbrilmente legna per alimentare il treno non accorgendosi fin dove si stava spingendo. Ora, immaginatevi la sorpresa quando poi, alla fine dei suoi sforzi, si rende conto di essere piombato in territorio straniero, dietro le linee avversarie.
Ecco, lo stesso stupore lo avranno provato tutti quei gruppi che, pedissequamente, seguirono un percorso musicale che li stava portando nelle braccia del nemico, (in)consapevoli di rappresentare, come i sudisti, soltanto una piccola opposizione. Gli Anacrusis avevano in comune con Buster ben più di quanto possa sembrare immediatamente evidente; resisi conto dell'impasse (subito dopo il feroce debutto ''Suffering Hour'' del 1988), non si sedettero ad aspettare che la morte venisse a reclamarli, ma cercarono di reagire con armi ben affilate, reinventadosi con un proposito ben preciso: diventare i portabandiera del Technical Thrash Metal. E fu allora che, messe alle spalle le influenze Punk e le strutture disgiunte di ''Reason'' (1990) in favore di una sorta di grandiosità drammatica, giunse alle nostre rozze orecchie, nel 1991, ''Manic Impressions'', il loro diamante più oscuro e maledetto.
Il retrogusto che ti lascia questo platter è davvero affascinante: il ritmo delle chitarre presenta frequenze medie scavate e il tono della distorsione è frastagliato e tagliente; questa identità di suono rende le melodie di sicuro distintive ma nel complesso sommesse. Sono qiundi batteria e basso a dominare: la prima con un lavoro cristallino e freddo (Chad Smith), il secondo grazie alle figure sognanti ed alle vibrazioni psichedeliche di John Emery, che ricordano non poco la classe di Roger Waters. Ma è la voce del leader Kenni Nardi a stupire più di ogni altra cosa; quante sono le band Thrash che possono vantarsi di essere, dopo pochi secondi, riconoscibili? Slayer? Voivod? Celtic Frost? Ebbene: l'alternanza tra i gemiti riverberati e malinconici (che ricordano le prime uscite Goth/Doom di quei tempi) e le urla agghiaccianti creano una sensazione di disorientamento misto a meraviglia più unica che rara.
Gli Anacrusis conservano la loro furia primordiale ma la mettono al servizio di un aspetto marcatamente accorato, con un uso bilanciato di cori e chitarre pulite. ''Manic Impressions'' da poco spazio a sentimenti di speranza; c'è il suono della ribellione adolescenziale, la delusione per le istituzioni, per la religione, per la società (il ficcato sarcasmo di ''I Love The World'' e ''Something Real'' lo dimostrano ampiamente). Nonostante le vibrazioni disilluse che l'album emana, c'è spazio anche a momenti di sollievo: i velocismi di ''Dream Again'' o l'intensità di una ''Paint A Picture'' riescono a far vedere come, in certi frangenti, anche l'headbanging possa superare il quoziente depressione.
Sono, ad oggi, perdutamente innamorato di questi folli americani. Rimango affascinato dalla loro eccentricità, dalla loro audacia, dalla loro volontà di trascendere dal pensiero che l'opinione pubblica avrebbe potuto farsi per ciò che stavano intraprendendo. In ''The General'' Buster Keaton non sempre agisce nella maniera migliore, ma è assolutamente apprezzabile la sua incapacità di gettare la spugna prima di aver centrato il suo obiettivo; allo stesso modo, gli Anacrusis, non avranno mai composto un capolavoro, è vero, ma ogni loro uscita appare diversa dalla precedente, sempre migliore, orgogliosamente autentica.
Non commettete l'errore di ascoltare qualcosa di sfuggita sul web come potreste fare per decine di altre band del settore. ''Manic Impressions'' va sentito, annusato e sublimato più volte. Impadronitevi della sua lezione sul valore della perseveranza e, se volete, rimpiangetelo.
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