Specialmente in questo (e Sacrificio sancisce) non compare proprio come comparazione una speranza di ravvedimento della razza umana dall'utilitaristico market disumano "prendi tre paghi due", dove invece c'è l'assurdo del "un libro 3 euro, tre libri 10 euro", dove quell'euro in più, che la tua miserabilità inquadra truffaldino dopo che ti sei accorto del gioco di parole, è proprio il baiocco magico che permette l'entrata in zone che sono alla portata di tutti ma che continuano a non essere viste, occupati noi a frequentare dannazioni varie.

Il richiamo ad un altro dove, che in tutti i film di Andrej è presente, è pura religiosità che si rivolge al nostro Dio interiore, il nostro vero maestro. E allora quell'isola Solaris non tira fuori una malinconia legata a privazioni materiali che ti fanno triste perché non ti puoi comprare il gelato, ma trattasi di un sentimento alieno di "nostalgia" dell'altro mondo.

Domenico, essere millenario cosciente, vede ed in una insopportabile sofferenza cosciente pone fine a questo tormento bruciando la "carrozza", consapevole che non siamo questo corpo. L'agonia silente del russo trova sollievo poco dopo attraversando con la candela il passaggio dal qui al lì, dove nella piscina di Bagno Vignoni non c'è né Caronte né Stige ma un abbandono di gioia trascendentale: "è stato bello ma non è più quello"...

Continuo a sentire ronzii che è il film meno pregno di Tarkovskij, ma che ne sappiamo, dove negli altri film ci faceva vedere molto invisibile, che qui tratta l'invisibile con l'invisibile, creando un tempio interiore (con l'aiuto di San Galgano) dove magari le cose sono completamente diverse da come psichicamente tutto quello che ci circonda ci ha fatto diventare, non abbiamo qui un "tetto" sulla testa.

L'essersi posto esule (dal CCCP), insieme a sua moglie, è stata una decisione presa per disperazione, dove il regime dei "compagni" stringeva a morire la cinta. E questo trauma di non poter vivere umanamente (non ha potuto vedere il figlio per anni) è trasposto liturgicamente sulla pellicola, calcando la mano sul "porgi l'altra guancia", specialmente con l'intimo di noi stessi.

Non è casuale per me che si sia girato in Italia, paese talmente decadente nella sua antichità che ti permette di basculare nel baratro del serio e faceto. E la parvenza di frivolezza mediterranea che mette l'amico Tonino Guerra nel portarlo in giro tra le rovine poderose della nostra penisola su quel documentario (Tempo di Viaggio) legato al film, fa uscire ad Andrej la sua marittimità nascosta e la crosticina di salsedine di polvere di stelle si sedimenta come apporto a non basirsi più davanti a l'eternità.

I dindi per passare il fiume impunemente sono finiti, il punto di non ritorno è conquistato, non ci resta che affogare in questo mare eterno... reietti arrendersi.

È ormai tempo che gli ultimi prendano il posto dei primi.

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