Fin dai suoi esordi nella scena, il tema portante e ricorrente nella musica di Anna Calvi é senza dubbio la battaglia dei sessi ed il sesso stesso (soprattutto in questo nuovo album).

La londinese di origini italiane -continuamente accostata a Pj Harvey- gode di ottimi responsi e di un'affezionata fetta di pubblico che rivede in lei lo stile di Maria Callas e delle muse storiche in generale.

I paragoni si sa, sono croce e delizia (più croce a parer mio).

Ma senza ombra di dubbio c'è da sottolineare il fatto che gli ottimi brani sono pieni di classe e inventiva.

Aggiungerei che nel 2018 trovo più che ovvio la continua reminescenza del passato nell'arte in generale. Siamo su questa terra da milioni di anni dopotutto.

In recenti interviste ella afferma di volersi discostare dagli stereotipi e ancor più dal gender. Non c'è alcun motivo, secondo la cantautrice, per il quale un soggetto debba essere etichettato sessualmente (un po' come dichiarò Morrissey negli anni ottanta se vogliamo, e sono d'accordo con la sua idea).

Una copertina rossa sgargiante, trucco e tanta sensualità.

Hunter presenta degli arrangiamenti che virano tra pop e rock n' roll con garbo.

Le avventure narrate sono soprattutto di natura sessuale, tra richieste di calore umano a dichiarazioni di "potere" (Alpha).

I migliori brani a mio avviso sono Chain e Away.

Quest'ultima é la più scarna ed eterea; un brano senza tempo.

Ha ragione Eno a dichiarare che la Calvi sia la miglior artista donna ad esser venuta fuori dai tempi di Patti Smith?

P.S. - L'album é uscito il 31 Agosto e non il 13.

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