Antestor - "The Forsaken", ecco l'oggetto della recensione.

Se state chiedendovi chi siano gli Antestor, bhè la risposta è semplice, sono infatti assieme ai Crimson Moonlight la band di punta del movimento unblack metal (chiamatelo pure white metal o come vi pare, non ci interessa più di tanto), ossia quel genere che accosta (quasi inspiegabilmente) musica black metal a tematiche cristiane che hanno a che fare con la sconfitta di Satana e del male, ma so, sia io che voi, che non siamo qui per inquisire sul credo religioso delle persone, bensì su un prodotto musicale: bhè iniziamo dicendo che questo PRODOTTO MUSICALE è bello, violento, tecnico, appassionante e oscuro.

I musicisti facenti parte di questa band, scioltasi oramai anni fa, rispondono ai nomi di Vemond (chitarrista capace al contempo di tirare fuori riffs granitici che spaziano dal black al death senza disdegnare mai degli accenni al doom), Gard (bassista dotato di discreta tecnica e capace di star dietro ad un batterista coi controcoglioni che introdurremo a breve), Sygmoon (tastierista dotato di una classe infinita che si diletta durante tutta la durata dell' album a costruire atmosfere tetre ed oscure), Vrede allo scream (forzennato e disperato in maniera impensabile), dietro le pelli niente di meno che un certo Hellhammer, batterista di Mayhem, Arcturus, The Kovenant e chi più ne ha più ne metta e ultimo ma non ultimo il secondo chitarrista, il solista, Bjorn Leren capace di tirar fuori nel corso delle canzoni soli neoclassici di estremo fascino, sia che si ritrovi tra le mani una chitarra che una classica.

Aperto dalla leggiadra voce di un'altra ospite di lusso Ann-Mari Edvardse, si viene introdotti a "The Forsaken" tramite la canzone "Rites Of Death", un pezzo tiratissimo di black molto sinfonico che si basa su una forsennata ricerca di velocità in fase ritmica, con la doppia cassa di Hellhammer che giganteggia per tutta la durata della traccia, ma anche su riffs e soli di chitarra di pregio che sostengono uno scream fantastico che contribuisce in maniera considerevole al risultato finale. La successiva "Old Times Cruelty" presenta un'intro estremamente rilassante grazie alle chitarre classiche di Bjorn, dalle quali poi esplode un pezzo in pieno stile Emperor in cui si alternano parti atmosferiche ad altre molto più frenetiche, il tutto sempre arricchito da screams e growl vocals che rendono la traccia molto più gustosa. Splendidi i controtempi di batteria che impreziosiscono maggiormente il pezzo assieme ai cori che danno alla traccia un'atmosfera ancora più pesante e tetra, quasi orrorifica.

Si continua con "Via Dolorosa", uno dei migliori pezzi dell' intero album, nella quale si viene introdotti tramite alcune note di tastiera e chitarra, sostenute dalla batteria che sembra quasi avere una cadenza di marcia. Dal 44esimo secondo si viene invece catapultati in una song a cavallo tra black e gothic (di ispirazione cradle of filth, i migliori, quelli di "midian") che vive il suo momento più felice nel chorus, sostenuto dalla batteria messa in primo piano assieme alla voce dello screamer. Gradevole, e rilassante, risulta essere il pezzo strumentale Raade che fa da preludio a "The Crown I Carry" che col suo incedere iniziale dal forte sapore thrash, si presenta come il pezzo più mutevole del lotto, con il suo ritornello di purissimo black al quale poi si legano parti più melodiche, grazie anche all'apporto prezioso del piano di Sygmoon. Splendido i solos di chitarra a metà e a fine track. I 4 minuti e 21 che seguono sono ancora una volta degni di nota: "Betrayed" risulta infatti (specie grazie al lavoro tastieristico) un altro gol segnato dai nostri: disperazione, freddezza e violenza degli screams travolgeranno l'ascoltatore, cullato allo stesso tempo dalle melodie tessute da chitarre e dalle tastiere, questa volta vere protagoniste della canzone.

Si arriva così a quello che forse è il pezzo di più difficile assimilazione del disco: "Vale Of Tears" si presenta infatti con un incedere lentissimo, sottolineato da una batteria estremamente cadenzata e "spezzata" che contribuisce assieme alle chitarre a dare una sensazione di lentezza. La traccia a metà si trasforma invece in una mazzata di black sinfonico che snatura un pochino il lavoro inziale. Bella canzone, ma sicuramente non la migliore. Passato a "The Return" ho avuto la conferma di quanto questo lavoro davvero valga, grazie ad un lavoro di ricerca ritmico/melodica davvero certosino ed accurato. Il lavoro di Hellhammer si presenta ancora una volta davvero stupefacente andando a sostenere un pezzo estremamente rappresentativo di tutta la scena musicale della quale i nostri fanno parte. Da applausi la parte strumentale davvero emozionante.

Trascurabile risulta essere invece "As I Die" nella quale in gruppo cade in una sorta di confusione compositiva, per poi riprendersi nel finale affidato allo strumentale "Mitt Hjerte" in cui Bjorn dimostra tutta la sua bravura in fase esecutivo/compositiva.

Mi sento di consigliare ad occhi chiusi l'ascolto di questo disco, anche a chi forse potrà avere pregiudizi visto il credo, spudoratamente Cristiano, della band, ma se si riesce ad andare oltre si scoprirà un disco veramente appassionante ed avvincente, ricco di sfumature, che sicuramente potrà farvi contenti.

(scusate se mi sono un pò troppo dilungato)

Elenco tracce e video

01   Rites of Death (04:14)

02   Old Times Cruelty (03:56)

03   Via Dolorosa (05:09)

04   Raade (03:28)

05   The Crown I Carry (04:52)

06   Betrayed (04:21)

07   Vale of Tears (05:52)

08   The Return (04:47)

09   As I Die (04:51)

10   Mitt Hjerte (03:18)

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