Diciamoci la verità: quando un fan del metal ascolta il suo genere amalgamarsi con la musica classica non può che non andare in estasi (o, almeno, questo è quello che accade alla maggior parte dei metallarozzi).
Gli Apocalyptica, sin dal loro esordio, ci hanno saputo fare, azzeccando la formula "violoncello - metal", partendo come coverizzatori dei Metallica per poi, pian piano, distaccarsi da quella che era una band si sole cover per approdare alla maturazione artistica e sperimentale. E, cioè, quella che vede la formazione proporre un mix di musica classica eseguita rigorosamente ai violoncelli ma dai toni gotici e, a volte, tristi e funerei. Ma questo non è mai stato un male, anche quando si sono fatti coadiuvare nelle loro esecuzioni da personaggi illustri come Dave Lombardo (tanto per citarne uno) in quel che io definisco il loro lavoro meglio riuscito, ossia "Reflections". Da li in poi, gli Apocalyptica, sembrano aver smarrito la bussola, cercando di variare e sperimentare sempre più, tentando di scrivere song non solo più strumentali ma anche canzoni in cui si assapori la voce del singer sposarsi con i loro violoncelli e la loro musica classica.
Il che, diciamocelo pure, ad alcuni ha potuto piacere, mentre ad altri no. Ma queste sono questioni di gusti personali come lo è, molto più semplicemente, una recensione su di una band che, giunta al suo sesto album in studio sembra aver praticamente perso le rotelle per strada.
L'album alterna, come da copione oramai, song strumentali a song cantate che, a dir la verità, sono davvero le peggiori che gli Apocalyptica abbiano mai potuto scrivere. I pezzi migliori rimangono sempre le strumentali o, comuqnue, i solos nelle canzoni cantate laddove si assapora il gusto della classica, delle tastiere, delle corde dei violoncelli.
Ma canzoni come "Helden" (cantata da Till Lindemann, il singer dei Ramstein) sono proprio da gettare nel cesso e poco si salvano le altre composizioni, sempre in cui è la voce a fare da protagonista, come "I'm Not Jesus" (cantata da Corey Taylor, forse la migliore del lotto) o "I Don't Care", davvero pacchiana e brutta. C'è pure spazio per la nostra Cristina Scabbia in "S.O.S. - Anything But Love") che altro non fa che far affossare sempre più il disco. Una prece.
Non rimangono che i pezzi strumentali, allora. Ma, anche questi, 'sta volta, sono di una noia mortale. Non riescono più a rapire l'ascoltatore, non riesco più a sentire quelle emozioni trascendenziali che cmi catturavano, che erano vive e vegete nei lavori precedenti. E ciò anche se nelle composizioni compaiono e compariranno sempre i soliti nomi da 10 e lode a tentare di fare la differenza, come Dave Lombardo o Moikko Siern (alla batteria, quest'ultimo, oramai, in pianta stabile) e il giapponese Tomoyasu Hotei alla chitarra.
Specchi per le allodole. Allodole che, questa volta son rimaste fregate ma che la prossima volta impareranno a non andare a scatola chiusa sugli Apocalyptica, formazione che vedo giungere, con questo "Worlds Collide" alla frutta.
Da evitare come la peste.
Carico i commenti... con calma