Tch, Tch, Tch...DeBaser & DeBaseriani, mi ignorate il mondo classico! Ricordate? Gli Dei, Zeus, Afrodite, i templi, gli Oracoli, gli Imperatori, la Magna Grecia... Orbene, ivi poco viene menzionato riguardo la grande produzione letteraria greco/romana la quale, eufemisticamente, è da considerare attentamente al fine di comprendere tutta la tradizione scritta posteriore.

Parlerò di Lucio Apuleio, madaurense, augurando a me stesso che almeno una minima percentuale del folto pubblico recensore e critico di DeBaser possa conoscere tale illustre personalità. E' tuttavia necessaria una piccola introduzione "rinfresca-idee".

Apuleio è certamente un punto di svolta nella letteratura romano-antica: in primis, è annoverato tra gli ultimi, grandi autori "pagani" in lingua latina, vissuto nel II secolo d.C., il Secolo d'Oro dei vari Traiano, Adriano, Marco Aurelio. Già al termine di questa gloriosa era, in concomitanza con la Crisi del III secolo e l'Anarchia Militare, la storia della letteratura latina subisce una drastica mutazione nello stile e nelle tematiche, in particolare causata dalla nascente produzione neo-cristiana di Tertulliano, Cipriano e altri.

L'opera di Apuleio, poi, rappresenta un raro esempio di "romanzo" redatto nell'Antica Roma (ulteriore, eccelso esempio è il "Satyricon" petroniano, addirittura antecedente ad esso, ndr), in più pervenuto a noi nella sua totale interezza. Quest'ultimo fatto fornisce importanti considerazioni in merito: la completezza con la quale l'opera ci è giunta può significare che l'autore non sia stato "ignorato" nei periodi tardoantichi e medioevali, fatto che è invece accaduto a "colleghi" letterati esplicanti tematiche romanamente "scabrose" agli occhi del primo Cristianesimo già inquisitore (la frammentarietà del "Satyricon", all'interno del quale Petronio narrò le peregrinazioni e le avventure erotiche degli omosessuali e infedeli Encolpio e Gitone, fu destinata al dimenticatoio in epoca già altomedioevale, epoca in cui comunque la produzione scritta calò disperatamente).

La trama de "Le Metamorfosi", opera suddivisa in undici libri, è incentrata sulla figura del giovane Lucio, giunto in Tessaglia (tradizionalmente ritenuta terra di magie e misteri) presso il ricco Milone e la moglie Panfìle. Dotato di pericolosa curiosità, Lucio, grazie all'amicizia stretta con la serva Fotide, assiste alla mutazione di Panfìle in gufo, avvenuta grazie ad un portentoso unguento. La spregiudicata Fotide aiuta il giovane a sperimentare tale prodigioso prodotto su se stesso, tuttavia sbaglia unguento, provocando la trasformazione di Lucio in un asino.

La tragedia dell'errata metamorfosi dovrebbe essere riparata solo grazie ad un pasto a base di rose da parte del malcapitato che, sfortunatamente, non riesce a risolvere in tempo tale problematica, essendo rapito da una banda di terribili e temibili banditi/briganti, con i quali vive le più assurde peripezie, spesso precipitanti nel grottesco e nel risibile, passando in proprietà a svariate personalità, sacerdoti, un mugnaio, un ortolano, un soldato, due fratelli, un cuoco e un pasticcere. Fuggito dall'ultimo padrone, Lucio/Asino, attraverso una preghiera alla Luna, riesce a riacquistare le sembianze umane masticando le rose di una corona votiva alla dea Iside, la stessa che aveva indirizzato l'animale a compiere tale atto. La metamorfosi finale in Uomo convince Lucio ad una graditudine eterna alla Dea, iniziandosi ad essa, assumendo le vesti di un vero e proprio sacerdote in suo nome, pronto ad esportarne la sua causa in Roma.

Dall'antico romanzo si trae repentinamente una iniziale considerazione: il ruolo della religione nell'antichità, più precisamente nel periodo che intercorre tra la stabilizzazione imperiale e la sua crisi, ossia tra l'estrema elevazione della Religione di Stato romana, atta perlopìù a garantire ai "fedeli" soddisfazioni e pseudo-certezze puramente materiali e mai a colmare esigenze morali intime, e la crisi della stessa causata dalla proliferazione di culti mistici orientali e, in misura maggiore, dal Cristianesimo imperante, il quale, con la predicazione dell'uguaglianza universale, valore sconosciutissimo agli Antichi, fautori e sostenitori impliciti della schiavitù e delle massime divergenze tra gli individui, forniva, in particolare alle masse povere, una "consolazione" morale e spirituale alla loro condizione, senonchè colmava il profondo vuoto lasciato da una Confessione plurideistica poco dedita alla morale e allo spirito. Apuleio risulta certamente influenzato dalla crisi iniziale della fede ufficiale di Roma, degli Dei classici, magari anche dal Cristianesimo che proprio nelle Terre medio-orientali di Africa (Cartagine), Asia Minore (Efeso, Pergamo) e Siria (Antiochia) aveva conosciuto la prima espansione e diffusione. L'autore, tuttavia, approfondisce le tematiche relative alla proliferazione in territorio imperiale dei misticismi orientali, soprattutto derivanti dalla terra d'Egitto, quali il culto di Iside, Osiride, Mitra... Nell'opera è palese l'intenzione del protagonista, anche grazie ad una curiosità, positiva ma anche negativa, di ricercare intimamente qualcosa che andasse oltre la semplice espletazione di riti civili poco spirituali, che interessasse l'intimo dell'individuo, la sua morale, che colmasse esigenze spirituali concrete, attraverso un'astrazione spirituale del tutto nuova ed innovativa. Astrazione spirituale che comunque avrebbe premiato la confessione in Cristo, vera e propria rivoluzione con la tradizione politeista antica. Una fede che aiuti a prevenire, se non scacciare, i mali della società, simbolizzati nell'opera con i terribili vessatori del povero asinello.

L'autore significativamente riporta nelle pagine del suo magnum opus il desiderio individuale di credenze più intime e vicine al fedele, lo stesso che inizia ad interrogarsi sul significato del Male, della sofferenza e della Morte. "Le Metamorfosi - L'Asino d'Oro" fornisce validamente, attraverso un'avvincente narrazione, un'alternativa agli Dei ufficiali, attraverso una fuga verso il mistico orientale, al quale l'interessato deve sottoporsi a iniziazione, a ingresso ufficiale. Apuleio, comunque, non illegittima e getta via del tutto le Divinità classiche, le ridimensiona a esseri poco spirituali, capricciosi, vendicativi e permalosi, lo stesso identikit che Omero ed altri autori fornivano dei loro Dei: qui è palese tuttavia la rottura rispetto alla tradizione letteraria antica, le Divinità classiche sono troppo "umane" e poco si distanziano in termini di comportamento da essi. Sembrano approfittare della loro condizione di immortalità e di assoluto arbitrio sugli uomini, non rispondono alle reali necessità di quest'ultimi, ora indrizzati a qualcosa di più profondo e ultraterrestre, vogliono un'ascesi, un'astrazione soddisfacente e attenta ai loro bisogni morali ed etici. Apuleio e il suo romanzo si fanno portatori di queste nuove necessità.

Notevole è inoltre la presenza di storielle e favole minori presenti all'interno dell'opera, conceite come "pause" o addirittura "anticipazioni" delle peripezie narrate: la più celebre riguarda la fiaba di "Amore e Psiche", raccontata a Carite, fanciulla rapita assieme all'asino dai briganti, da una vecchia sorvegliante, intenta a calmare la disperazione della giovane in preda al panico per la sua sfortunata sorte. "Amore e Psiche" introduce una fanciulla bellissima, Psiche appunto, figlia minore di un Re, ancora non maritata ma di una bellezza talmente esaltante da essere denominata dai numerosi contendenti "Venere". La Dea, tuttavia, invidiosa della giovane, invia il figlio Cupido/Amore affinchè, per punizione della sua pur innocente leggiadria, venga data in sposa al più brutto uomo della Terra. Il Fato, ciononostante, provoca l'amore di Cupido nei confronti di Psiche, i quali consumano un rapporto sentimentale inaudito. Ella non può peraltro vedere il volto del focoso amante.

Le due sorelle, anch'esse invidiose della fanciulla, istigano Psiche a visionare la faccia del misterioso compagno di passione: compiuto tale offesa al Dio, viene allontanata dallo stesso. Disperata, tenta suicidi prontamente scongiurati dagli Dei, infine chiede a Venere di espiare la colpa che ella aveva attuato nei confronti del figlio. Una serie di complesse prove e il superamento delle stesse permettono finalmente a Psiche di riacquistare la passione con Amore/Cupido e perfino di ottenere l'immortalità e l'assunzione a Divinità.

Apuleio ha sfornato in un mondo ancora dedito a ideali e visioni metafisiche un capolavoro della romanità e dell'antichità stessa, riassumendo sinteticamente la situazione sociale dell'Impero alla vigilia del grande cataclisma dovuto al Cristianesimo: è l'ultima grande opera pagana, al contempo il primo significativo esempio di mutamento spirituale/morale mai trasportato in un contesto letterario.

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