Per recensire un disco del genere non credo servano introduzioni ad effetto o giri di parole inutili, quindi inizierò direttamente dal cuore della questione: “Arca” è un disco di una sincerità disarmante. E lo faccio perchè il disco in sè non è altro che una ricerca pura e disidratata del concetto di “canzone”, è uno stoico e doloroso rifiuto dell’involucro, della coperta, del vestito. Arca ci lascia di fronte alla nudità totale del suo processo compositivo, le sue canzoni qui appaiono come dei mucchi di ossa, dei fasci di nervi, dei giocattoli smontati e ridotti alla loro materia prima. Questa materia prima è senz’altro la voce, protagonista quasi incontrastata di quest’opera che molto spesso come in un canto gregoriano è ritmicamente e armonicamente libera. Di conseguenza gli arrangiamenti sono volutamente scarni ma molto solidi e incisivi, perlopiù subordinati al lirismo spietato di Arca che, a volergli proprio trovare un difetto, talvolta cede a una tendenza eccessivamente melodrammatica.

Il capolavoro del disco è sicuramente “Sin Rumbo”, il brano in cui la scarnificazione della forma-canzone è definitiva e quasi soffocante: non c’è altro che un canto ai limiti della monodia e un arrangiamento spettrale e quasi inesistente, ma con una forza e una violenza tale da far pensare che in fondo non ci sia bisogno d’altro, che un’idea musicale possa essere effettivamente bastevole a sè stessa nella sua completa nudità, bellissima e terrificante come ogni nudità umana.

Carico i commenti... con calma