Prima di imbastire il funerale più festoso e colorato che si sia mai visto, Butler e compagnia bella avevano scelto di lasciare traccia di sé in un Ep di sette tracce autoprodotto (siamo nel 2003) e a sé intitolato, tanto per autoconvincersi di potersi dare alla musica. E hanno finito per convincere se stessi e un mucchio incalcolabile di altre persone, con somma e universa soddisfazione.

Detto in due parole: questo ep è un buon antipasto rispetto a "Funeral". Si respira la stessa aria di campagna (anzi, di più : in "My Heart Is An Apple" c'è un piacevole intermezzo bucolico composto da acquatili e insettosi suoni della natura), la stessa sconclusionata allegria, le stesse sonorità graffiate e sbronzate. "No Cars Go" e "Headlights Look Like Diamonds" sono le due cose migliori: la prima potrebbe benissimo stare in "Funeral", con quella batteria che si trascina marciando in mezzo alla consueta foresta di suoni e voci, con Win e Régine che si sovrappongono e si rincorrono su strade rigorosamente sgomberate da automobili; la seconda, xilofonante e in crescendo, tra cantilene e inni stonati, finisce per aprirsi lentamente come un fiore, col suono della batteria sfocato e frusciante come piace ai nostri. Inneggiante è anche "The Woodland National Anthem", da cantare andando a spasso per i campi con una chitarra in spalla, mentre "Old Flame", in apertura, offre gli Arcade Fire più classici: Talking Heads, fisarmonica, cantato sbilenco e via.
Non si può negare che ci sia qualche passaggio un po' raffazzonato e grezzo, al di là delle stesse intenzioni ultragrezze dei canadesi; in più a me pare che del secondo pezzo ("I' m Sleeping In A Submarine") se ne potesse francamente fare a meno, in quel suo rimanere oscuro alla stessa voce di Régine, che ne esce bjorkeggiando a tratti ma in modo assai inconcludente. Rispetto a "Funeral" il disco sfila più in sordina, senza la potenza di una "Power Out" e delle sorprese-dietro-l' angolo di molti pezzi. Ci sono meno (e meno clamorosi) cambi di scena, meno funambolismi, ma gli Arcade ci sono tutti,  belli tosti, e chi, dopo il primo ascolto di "Funeral", si era ritrovato con un sorriso a trentadue denti, non mancherà , dopo l'ascolto dell'ep, di fare il sorrisetto del sicuro di sé, che sapeva, modestamente, dove andava a parare.  

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