E' facile valutare un disco metalcore: o ti piace subito, o farà fatica a entrarti nel cuore.
Quanto agli architects il livello generale migliora, visto che dopo 2/3 ascolti "Daybreaker" risulta nettamente un lavoro migliore rispetto al precedente "The Here And Now". Certo, le sensazioni di déjà vu ci sono sempre, non possono mai mancare in un disco di questo genere ("Outsider Heart" è così fuckin' similar a "These Colours Don't Run", senza però replicarne l'efficacia e la potenza distruttiva), però alla fine questa quinta fatica in studio della band di Sam Carter non è affatto un cattivo ascolto.

Certo, l'innovazione risulta non pervenuta, questo è ovvio; provate a trovare delle differenze tra gli Architects e gruppi come per esempio gli Underoath. Ci avete provato? Lo so, è impossibile trovarne, però alla fine ciò non vuole sminuire la capacità della band di scrivere delle belle canzoni. Tra tutte quelle presenti in "Daybreaker", due mi hanno colpito in particolare: una è il primo singolo "Alpha Omega", che non è altro che il solito singolo da band metalcore, ovvero urla sparate e ritornello melodico che arriva lì mentre sei sul punto di spaccare tutto. L'altra canzone è (la già citata) "These Colours Don't Run", che fa di breakdown, urla animalesche e tastierine il suo punto di forza. Se poi ci aggiungiamo il bel testo pieno di frasi alla 'status di Facebook' ("It's true what they say: life isn't fair") e di critica contro la società americana ("In the land of the free, you know that nothing comes for free"), e un lyric video che presenta immagini pungenti sui danni che sta provocando la società odierna, il gioco è fatto.

Detto ciò, gli architects confezionano nel loro nuovo lavoro sicuramente un buon prodotto, capace di non scontentare i fan del genere.
Certo però che se in "Daybreaker" cercate un po' di innovazione, vi consiglio una visita dallo psicologo, ma uno di quelli bravi.

Voto: 7

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