Molti film (la maggior parte) non si meritano nemmeno una riga di recensione, altri non possono essere descritti a parole e "Valzer con Bashir", dell'israeliano Ari Folman, è uno di questi, ma io proverò lo stesso a descriverlo in modo da incitarvi a godere di uno dei più bei film dell'intera storia cinematografica, a mio parere.
Uomini in uniforme, semplici uomini e non supereroi americanoidi, dotati di emozioni, sentimenti e di... memoria. Proprio intorno a quest'ultima caratteristica dell'essere umano si delinea la storia dell'ex soldato israeliano Ari (peraltro regista del film), il quale, dopo aver ascoltato recenti incubi di un suo compagno di reparto ai tempi della guerra in Libano, si accorge di aver perso in parte i ricordi di quei tempi sì cruenti. Uno stato di inquietudine invade la mente di Ari, che cerca quindi di ritrovare la memoria interrogando vecchi compagni, psicologi e altri soldati impiegati in quella missione sanguinaria; ma la ricerca si rivela assai ardua: i suoi ricordi si presentano tessere di un gigantesco mosaico, per di più impolverati dagli anni e dall'immaginazione.
Attraverso l'itinerario di Folman viviamo contemporaneamente un viaggio nei ricordi dei soldati, ormai permeati di sogno e terrore, così da sembrarci provenire da un mondo immaginario, che in realtà è più vero e crudo di quanto crediamo. Il cartone animato, proprio per questo, risulta una tecnica geniale poichè permette di scegliere colori, paesaggi, espressioni in grado di rappresentare magistralmente anche le emozioni dei personaggi della vicenda. La linea temporale risulta enormemente frammentata, così come la memoria di Ari; ma non per questo la visione del film risulta sgradevole, ci accorgiamo anzi che la guerra è fatta di decine e decine di episodi, ognuno egualmente strabiliante che l'ordine della vicenda perde importanza, e "Valzer con Bashir" diventa quasi una storia formata da episodi assai diversi ma uniti tutti da un filo conduttore identificabile come "miseria umana".
Mai un film di guerra è stato così ben fatto, e mai così attuale, vista le situazione ormai degenerata a Gaza, per merito delle forze israeliane. Il regista, il quale è israeliano sottolineo, ci mette di fronte ad una situazione drammatica, quella di una guerra vinta da nessuno: i soldati muoiono come formiche, e se sopravvivono alle pallottole e al terrore, la loro mente rimane comunque gravemente danneggiata (rifiutandosi di ricordare, per esempio...), i civili non se la passano certo meglio, e muoiono in base al colore della pelle, alla religione, ad al posto in cui si trova la loro casa.
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