In questa piovosa settimana di ferie che poco regala all’immaginazione ed alla mia famelica ed infinita voglia di fare escursioni montane, sono solito consumare le prime ore mattutine così. Alla stessa e rituale maniera. Con un caffè fumante in mano per intraprendere la lettura attenta del quotidiano. Adoro il profumo della carta, mi piace sentire lo stropiccio delle pagine sotto i polpastrelli. Quando trovo un bel passaggio lo rileggo e mi premio con una minuscola sorsata appagante: manco avesse il potere di farmelo ricordare nel tempo. Incorro, sul finire, in un breve e pesante articolo riguardante il j’è accuse del giudice sudafricano Goldstone lanciato nei confronti della recente operazione “piombo fuso” che preannuncia provvedimenti all‘AIA.

Mi viene, mi torna prepotentemente in mente la visione di alcune scene del film d’animazione “Valzer con Bashir” risalente all‘inverno testé trascorso. La pellicola di Folman parla di autobiografici ricordi sfuocati; ricordi inconsciamente cancellati o quantomeno seppelliti dalla mente di chi in Libano, nella prima settimana giugno del 1982, c’era stato mandato dall’allora Ministro degli Esteri Ariel Sharon in risposta al tentativo da parte della FATH di assassinio dell’ambasciatore israeliano in Gran Bretagna. Di chi aveva quindi visto, e poi scarabocchiato il ricordo, della Beirut di quei giorni. Il regista era lì, ma solo parlandone dopo vent’anni con un amico ossessionato da un ricorrente incubo che apre le danze, si è reso conto di non avere gli occhiali con la gradazione corretta: deve ammettere che quello che gli restato è una sbiadita visione d’insieme nella quale tutto si mescola.

Un film documentario, pieno di interviste ed immagini sarebbe potuto essere un modo per raccontare, per cercare di far tornare e riaffiorare i ricordi. Ma alla fine Ari Folman deve avere pensato che l’utilizzo di una volutamente scarna animazione, avrebbe potuto sottolineare in maniera più incisiva quel tentativo di ricostruzione. La mente umana, si domanda, può davvero avere il potere di cancellare, di rendere informe e nebuloso l’indesiderato? Con l’aiuto di uno psicanalista, prosegue nella ricerca della verità: le uniche immagini televisive scandiscono, con il blando ma fermo ritmo di un’accusa, i titoli di coda mentre soddisfatto lascio la sala. La mia personale conclusione è che “Valzer con Bashir” non debba essere inteso solo come il bisogno di fare chiarezza sulla prima guerra in Libano e di conseguenza sulla tremenda rappresaglia da parte delle falange cristiano-maronite sui campi profughi di Sabra e Chatila avvenuto con l‘appoggio israeliano.

Questa breve pellicola è addirittura più ambiziosa e si accolla il mastodontico compito di autoaccusare chi all’interno dello stato israeliano crede che la colpa sia univoca. Il protagonista, il nemico da combattere è il negazionismo. Il negazionismo o il riduzionismo infatti, sia in entrata che in uscita, continua ad essere legato all’esistenza di questo stato creato a tavolino dopo la seconda guerra mondiale. Con “Valzer con Bashir” mi sembra che Folman provi a prendere un paio di affilate forbici. Solo accollandosi la mastodontica responsabilità di azioni come questa, da tutte parte, si potrà molto utopisticamente tentare di andare incontro a quella che lui non osa nemmeno chiamare pace, ma un generico miglioramento.

Per tali motivi ritengo che “Valzer con Bashir” sia un film denso, coraggioso e stimolante. Ve lo consiglio.

ilfreddo

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