E se per le vacanze estive me ne andassi in Danimarca?

Si, proprio nella terra della Sirenetta, luogo che non ti aspetti, placido ed intenso nel suo mix tra antico e moderno. Nella patria di Amleto, con i fari a righe rosse e bianche, con l'erica che spinge fin sulle spiaggie, le ragazze in topless che ti consigliano di rallentare, le sue isole, i soldi con il buco, le piste ciclabili, il deserto verde del Rabjers Mile ed i luoghi fatati di H.C. Andersen. Potrei trovarmi al cospetto di blasfemi personaggi che si crogiolano cinguettando in falsetto con la croce rovesciata al collo o di signorine svestite e rifatte che canticchiano ''I'm a Barbie girl, in a Barbie world...''; ma potrei pure imbattermi in cinque loschi figuri che, alla soglia dei 50, ancora non si sono stancati di contagiare di Thrash le nostre tediose giornate: gli Artillery.

Il gruppo danese, dopo anni di chiaroscuri (lo scioglimento, la reunion che ha portato poi a B.A.C.K. nel 1999), sta vivendo una sorta di seconda giovinezza nel panorama Thrash attuale (e la cosa comincia a deliziarmi non poco), forti del valido ritorno ''When Death Comes'' di due anni fa e del fresco fresco e ancor più affascinante ''My Blood''. Tuttavia, aldilà di ogni neonato fervore nei loro confronti, credo sia più congeniale e libidinoso focalizzare i miei neuroni rimasti altrove, rispolverando quel gioellino che risponde al nome di ''Terror Squad''.

Il balzo temporale da fare è notevole: inizio 1987. Ad un anno e poco più di distanza dal debutto e dopo un terremotante tour di spalla a colossi quali Slayer e Destruction, il progresso tecnico e compositivo maturato dagli Artillery appare tangibile ed esponenziale. I nostri sviluppano ancor di più il proprio stile (già accennato qua e là in ''Fear Of Tomorrow'') caratterizzato da riff thrash estremamente tecnici e dinamici infarciti da squisiti cambi di tempo e da partiture articolate, ma soprattutto dalla voce spettacolare di Flemming Ronsdorf. L'evoluzione si espande compiutamente anche nei testi che abbandonano le tematiche canoniche del metal più violento per approdare a contenuti impegnati e di forte critica: se ''In The Trash'' parla della condizione di miseria nella quale è costretta a vivere una larga fetta della popolazione occidentale, ''At The War With Science'' (come si intuisce dal titolo) è una pesante invettiva naturalista ai progressi nel campo della scienza che hanno portato allo sviluppo del nucleare, agli esperimenti nel campo della genetica e delle armi chimiche, mentre è con la conclusiva ''Decapitation of Deviants'' che si giunge alla perfetta descrizione dell'asservita esistenza cui ci obbliga la società odierna (''...the system of strings are breaking your wings, ignorance will build you a throne...'').

Ciò che rimane indelebile nel tempo e nella mente di chi conosce quest'album è la freschezza e il carattere dei pezzi che lo compongono; otto frecce infuocate, ognuna delle quali contiene almeno una decina di riff diversi, alcuni memorabili altri ''solo'' devastanti, che arrivano dritti dritti al bersaglio; il tutto sorretto da una produzione adeguata che rende spiccatamente personali episodi quali ''Hunger And Greed'', con il suo ritornello vincente, la slayeriana ''Let There Be Sin'' oppure la memorabile terna iniziale ''The Challenge/In The Trash/Terror Squad'' che deflagra del tutto con la title-track, assolutamente tra le opere migliori che le mie orecchie abbiano mai ascoltato in ambito Thrash.

''Terror Squad'' è uno di quei lavori che, a braccetto col magistrale e ancor più raffinato successore ''By Inheritance'', sarebbe dovuto entrare negli annali del genere, per una band che in quegli anni, in Europa, è stata tra le prime ad impartire certe coordinate stilistiche, ottenendo però ben altra fortuna rispetto ai colleghi d'oltreoceano. In questo contesto appare assurda l'ottusità e l'inspiegabile mancanza di appoggio della propria etichetta, nonostante il discreto successo di critica e di pubblico del primo disco e gli ottimi risultati di questo. L'infimo budget messogli a disposizione da quei volponi della Neat records costrinse i danesi ad arrabattarsi nella registrazione e nel mixaggio, obbligandoli a disegnarsi da soli la penosa copertina (una ''riproduzione'' del chitarrista Jorgen Sandau).

In ogni caso, mentre io decido se spostare o no le chiappe nello Jutland per la prossima rovente stagione vacanziera, vi raccomando, qualora foste fan del Thrash più riuscito e non aveste scapocciato almeno una volta sulle note di ''Terror Squad'', di colmare la pecca prima possibile.

Perchè oltre alla melodia, la tecnica, il feeling ed una voce formidabile, cosa pretendere di più?     

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