Gli Ash tagliano il traguardo del settimo album a tre anni dal ritorno al formato standard (dopo una serie di singoli rilasciati separatamente, la "A-Z Series", con la quale pensandoci adesso sono stati dei veri pionieri) con il buon "Kablammo!" del 2015.

La nuova fatica in studio è battezzata "Islands" ed è prodotta dallo stesso leader della band nordirlandese, Tim Wheeler. Da segnalare anche che il disco viene licenziato attraverso la Infectious Music, storica casa discografica che ha lanciato gli stessi Ash assieme ad altri nomi più o meno noti della scena alt rock britannica di fine '90 – inizio 2000 (Subways su tutti, anche se allora si chiamava Infectious Records, avendo cambiato nome dopo il rilancio avvenuto nel 2009).

Rispetto al più ruvido (anche se non troppo) "Kablammo!" (che rappresentava un vero e proprio reset della carriera degli Ash, attraverso un ritorno alle origini piuttosto marcato), il nuovo lavoro si sbilancia maggiormente verso lidi power pop e pone l'accento sul talento melodico di Tim Wheeler, ancora titolare di un songwriting incredibilmente fresco nonostante più di venti anni di onorata carriera.

Galeotto sicuramente è stato il tour congiunto con i guru del genere Weezer; tracce ben evidenti del sound simbolo della band statunitense sono riscontrabili in vari episodi di "Islands" (le chitarre di "All That I Have Left", la malinconia da spiaggia di "Don't Need Your Love", il frizzante power pop di "Silver suit"). Altrove il discorso iniziato con "Kablammo!" prosegue, persino in maniera ancor più ruvida con la fantastica "Buzzkill", un rapidissimo proiettile che sembra preso pari pari dall'esordio "Trailer", con le sue chitarre a mò di rasoi ed i meravigliosi controcanti di Damien O’Neill e Mickey Bradley degli Undertones ad impreziosire il tutto.

Il singolo "Annabel" suona come se il classico "A Liff Less Ordinary" fosse stato incluso in "Free All Angels", con una delicata spruzzata di Foo Fighters, mentre l'apertura "True Story" è un delicato pop rock che prende qualcosa dai La's e lo mette a far da contraltare ad un testo amaro e disilluso. Qualche novità nel sound (ma molto controllata) la troviamo nella franzferdiniana "Confessions In The Pool", con un paio di discreti omaggi agli Abba, e in "Did Your Love Burn Out?", che guarda agli Arctic Monkeys dell'ormai classico AM.

"Incoming Waves", posta in chiusura, è una ballad in crescendo che rassicura su di un ulteriore crescita futura nella proposta della band. In fondo, Tim Wheeler con soli 41 anni di età (nonostante la lunga militanza sull scena) può avere ancora molto da dire.

Traccia migliore: Did Your Love Burn Out?

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