Caro Umberto,

inizio a scriverti questa lettera mentre mi trovo dentro un’abbazia e seguo le indagini di fra’ Guglielmo e Adso.

Non eri tu che dicevi che Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito… perché la lettura è una immortalità all’indietro?

Se questo ė vero, allora anch’io sto viaggiando nel tempo e ti devo dire grazie per la visita guidata presso l’abbazia e la sua biblioteca, i suoi dormitori, la sua sala capitolate, il suo ospedale, i suoi balnea, le scale, i labirinti, i torrioni, le finestre, le mura interne e quelle esterne, le finestre, il chiostro, le stalle, i stabbi e le fucine.

Grazie a te ho conosciuto colui che nel nuovo millennio legge i segni della venuta del demonio, ho conosciuto Fra Dolcino e le sue eresie, ho conosciuto Ubertino da Casale e la sua saggezza. Ho visto tanti frati reticenti. E poi, dentro l’abbazia, nelle parole Adso, di Frate Guglielmo, di Adso, dell’ Abate, di Berengario e di tutto i suoi confratelli ho visto tutta la realtà del quattordicesimo secolo: dall’abbazia ho visto crescere i Comuni e le università, ho conosciuto l’opera dei tribunali dell’inquisizione, della sede imperiale e di quella papale, dei conventi, dei monasteri, dei villaggi, delle curtis, dei feudi.

E ho visto la comparsa di tre cadaveri. Ho indagato e ho scoperto, solo guidato, alcuni dei tanti misteri che aleggiano in tutti i luoghi chiusi.

Tutto ciò l’ho potuto fare nell’arco di sei giorni di storia. E sì, mi hai guidatodentro l’abbazia con così tanta cura in questi giorni, che ora mi sembra di poterla visitare ormai anche da solo. E poco dopo aver passato la notte insonne a seguire le ombre che si aggiravano per scale e corridoi, chiudendo un po’ gli occhi nella cella di Fra’ Guglielmo, sono uscito per un po’ dall’abbazia.

E ho pensato al viaggio che ho fatto con Dante e Virgilio, passando per la selva , l’inferno e il purgatorio, nel giro di soli cinque giorni. E ho incontrato Caronte, Paolo e Francesca, Ciacco, Farinata, Ulisse e Ugolino, Catone e Pia de Tolomei. E ho pensato che in due settimane in un villa nei pressi di Firenze ho potuto incontrare Ciappelletto,, Andreuccio, Lisabetta, Federigo degli Alberighi, Frate Cipolla, Calandrino e Ghiselda.

Quanto son manca ancora ai tempi in cui lotterò con Drogo o con K. e vedrò soccombere la loro razionalità di fronte allo sgretolarsi del mondo. I giorni, i mesi, gli anni voleranno e nelle mani rimarrà solo polvere.

Ti chiedo davvero se esiste un filo che unisce la tua e le grandi opere di quei secoli. E immagino che tu possa dirmi che nella tua, come in queste altre opere, c’ė un’enorme fiducia nella ragione umana, c’è una grande razionalità che in mezzo all’ignoto, al caos, al mistero, non rinuncia al suo compito di controllare e mettere ordine nel caos che somiglia sempre più a quello della fine dei giorni.

In attesa di una tua risposta,

ti saluto,

Un lettore.

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