Cazzo, la prima parola. La sveglia, rispettivamente la seconda e la terza. Non piove nella stanza, ma la fronte è piena di piccole gocce che si incastrano nelle rughe e trasformano la pelle increspata quasi una piccola opera d'arte che svanisce sul letto quando i legamenti indolenziti ed i muscoli addormentati portano infine il corpo in posizione eretta. Si veste e mentre posa la cravatta sul colletto della camicia, il suo cervello è già cinque, se non dieci, minuti più in avanti e bestemmia al solo pensiero del semaforo rosso e del traffico che inevitabilmente incontrerà. Non la sente nemmeno la fetta biscottata rompersi in grossi pezzi tra i denti; persino il caffé che scende caldo nell'esofago ha un sapore stinto e sfuocato. Chiude la porta, ma se si trattasse di un film la ripresa non staccherebbe sull'esterno perché dopo dieci secondi, forse meno, la stessa si riaprirebbe. Cazzo, la parola con la quale rientra. Merda, guardando l'orologio, quella che dice uscendo definitivamente correndo, con un documento in più sulla mano sinistra.
Le lancette paiono vecchietti prossimi al ricovero, se contrapposti all'impietoso tamburellare delle dita sul volante. Un ticchettio nervoso, privo di ritmo e senso che fa scivolare e svuota di ogni importanza quello che la radio vomita a modesto volume dalla casse dell'utilitaria.
Si mette a piovere di brutto, corre e fa gli scalini a due a due per accedere all'ingresso: scivola cadendo sull'anca attirando l'attenzione del direttore generale e dei colleghi che scoppiano a ridere. L'inizio di una giornata perfetta: ovviamente un lunedì.

PERFECT DAY

Una vecchia corda solleva con incredibile difficoltà un peso troppo importante, si spezza ed è così che ha inizio la storia! Siamo nel 1995 nel buco del culo del nulla, sui Balcani alla fine dei conflitti che flagellarono la Jugoslavia. I protagonisti di questa orginale pellicola sono degli improbabili operatori umanitari interpretati da Tim Robbins e soprattutto da Benicio Del Toro che riesce a rendere al meglio un personaggio triste ma mai patetico. L'opera piace e convince perché gode di una sceneggiatura particolarmente ispirata, semplice e varia che scorre senza forzature anche grazie ad una colonna sonora rock, punk e new wave e valorizzata da una fotografia di valore. Per gran parte del tempo vi ritroverete a ridere di gusto, ma non mancheranno momenti di riflessione sulla natura della guerra e sui controsensi della macchina burocratica anche nell'ambito di azioni di pace. Perfect Day, di Aranoa, senza dare giudizi troppo alti e retorici si limita a raccontarci in modo originale una storia: il suo iter circolare ci consiglia di affrontare i problemi senza paure, uno per volta, anche quando sembra che gli eventi si siano presi un abbonamento a tempo indeterminato alla "Leggi di Murphy". Un'ora e mezza abbondante che non pretende di essere un capolavoro ma, ne sono certo, potrebbe piacere alla maggior parte di voi.

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