Prima di sapere che Aurora fosse norvegese avevo già intuito le sue origini scandinave solo dalla sua musica, dalla scelta degli arrangiamenti delicatima complessi e che trasmettono un caldo gelido, o un freddo ardente, di quelli che ti bruciano le mani d’inverno. Sì dai, permettetemi di usare gli ossimori più banali possibili, è sempre stato il mio sogno!

Dopo un breve intro si viene accolti da un delicato avanzare di soffici note di pianoforte dove si adagia la voce angelica di Aurora che ci fa vivere quello che descrive nelle prime frasi dell’album:

“I'm driving your car with you sleeping in the seat next to me
Like a baby, you twist and you turn
You're travelling fast like a bird in a dream”

Finora mi sento anche io cullato come quando si viaggia sul lato passeggero di un’auto. Ma in questa “Everything Matters” siamo nei sedili dietro, perché davanti, oltre ad Aurora alla guida, ci accompagna Pomme, altra cantautrice francese molto interessante.

Si capisce subito di essere davanti a un lavoro di qualità, dove anche in un pezzo così maledettamente pop come “Cure For Me” Aurora mostra tutta la sua intelligenza musicale e ci fa capire perché quest’album non può semplicemente essere definito pop, ma ci va aggiunto un piccolo ma pesante “art” prima. Un brano che prende una melodia catchy e la ricicla così bene all’interno di se stessa da non farla mai diventare pesante. Ed è qui che mi viene da definire Aurora come un po’ l’anti-Billie Eilish. Non chiedetemi perché ma è stato uno dei primi pensieri che mi è balenato in testa le prime volte che l’ho ascoltata, nonostante punti d’incontro tra le due si possano trovare, anzi, forse proprio alla luce di questo.

Se fino alla traccia 5 ogni pezzo sembra un potenziale vincitore dell’eurovision song contest, uno di quelli felici, direttamente dalle produzioni più nordiche d’Europa, al 6 si fa spazio una lenta ballad smielata, sorretta da un arpeggio acustico e dagli archi. Nella parte centrale ci si accorge di essere di fronte a un album eterogeneo, dove si sente l’eco lontano di Björk, come in “Exhale Inhale”, mentre l’album, ma anche noi, come suggerito da lei, si prende un respiro profondo.

Andando avanti con l’ascolto non posso fare a meno di sognare di stare in Norvegia, all’aperto, a guardare l’aurora boreale, anche perché mi rendo conto che sarebbe stato un crimine non nominare l’aurora boreale in un album di Aurora che sa così tanto di nord, se mai “sapere di nord” fosse davvero una sensazione concreta, ma immagino che culturalmente si possa anche dire, perché quei luoghi sono davvero un altro mondo rispetto al nostro e inevitabilmente quella cultura influenza la musica. Come banalmente fa anche l’Islanda, per avere un riferimento. Rende bene l’idea “This Could Be A Dream” dove l’incipit descrive quello che sento mentre ascolto il disco:

“Look up at the light
This could be a dream or it could be real
Dive in to my mind
And don't come up for air, you won't need it here”

Ci si immerge davvero nella sua mente per tutta la durata dell’album, che è abbastanza lungo, tuttavia la dinamica è dosata così sapientemente, sia all’interno delle canzoni stesse, che nella scelta della disposizione di esse nell’album, che lo rendono costantemente in movimento, un’incessante discesa e risalita, tra synth e orchestrazioni sofisticate, tra ballad e brani più oculatamente energici, e alla fine realizzi di aver fatto tutto sommato una bella camminata durante una leggera nevicata.

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