Il vostro amatissimo Splinter stavolta non sta parlando di un prodotto qualsiasi. Sta parlando di una delle opere rock più riuscite e sofisticate mai create, realizzata da uno dei più bei progetti mai messi su nella storia della musica, il progetto Ayreon. Arjen Anthony Lucassen si è servito sempre delle persone più valide e preparate, non del primo scemo che trova per strada, per realizzare queste opere che mescolano con grande eleganza ed epicità metal, progressive, elettronica, folk, classica, etnica ed altri generi! In "The Human Equation", sesto album del progetto, datato 2004, tutto ciò viene assimilato con ancora più attenzione di quanta non ne fosse stata prestata nelle opere precedenti. Ciò che salta subito all'orecchio è una qualità di registrazione finalmente dignitosa, mentre nelle opere precedenti essa non era sempre eccellente. Anche gli argomenti trattati cambiano decisamente: non più storie di carattere fantascientifico o spaziale, solo uno strano incidente e il periodo di coma di 20 giorni (ogni traccia è un giorno) attraversato dal protagonista durante il quale si ripresentano a lui varie emozioni e visioni che hanno caratterizzato la sua vita. Anche stavolta il cast è eccellente, i vocalist in primis. James LaBrie dei Dream Theater è la voce del protagonista ma notevole è anche la presenza di Mikael Akerfeldt degli Opeth con la sua voce tanto calda quanto introspettiva ma non scordiamo anche Devin Townsend e il compianto Mike Baker. Come al solito l'armonia fra i musicisti è unica e coesa; non è per niente facile assimilare musicisti magari con qualcosa in comune ma anche provenienti da band molto diverse fra loro e creare un'opera dove ognuno suona portando grande rispetto agli altri, senza tralasciare la propria tradizione musicale. Infatti difficilmente, anzi mai, sentiamo due strumenti provenienti da culture ben diverse suonare stonando... un sintetizzatore di sottofondo non stona se unito ad un assolo di violino e così allo stesso modo non suona male un flauto a far da sottofondo ad una chitarra distorta! Nell'unire i suoni sembra che il buon Lucassen abbia riflettuto a lungo sui suoni utilizzati: "Quel suono sta bene in quel momento lì del brano o dell'album? Sì o no?" si sarà chiesto più volte, tant'è che che non si riesce a scorgere nemmeno l'ombra di un capello fuori posto!
Come già accaduto in "Into The Electric Castle" l'opera si avvale di due cd molto intensi che richiedono pazienza per essere ascoltati ma una volta ascoltati vengono apprezzati che è una meraviglia dagli ascoltatori più appassionati. Le canzoni capolavoro si trovano maggiormente nel primo cd ma anche il secondo è all'insegna dell'epicità e della perfezione! Bella l'intro d'atmosfera "Vigil" con il rumore della macchina che sbanda a sancire il coma dell'individuo. Magistrale "Isolation" con quella parte elettronica centrale molto in stile Pink Floyd e un solo di synth davvero perfetto senza scordare le ritmiche metal e le parti di flauto e violino. Molto riflessiva "Pain", atmosferica e delicata nelle strofe, più dura nel ritornello dove però le chitarre sono ben sorrette dal sottofondo tastieristico e dalle voci sconsolate e tristi dei vocalist; bella parte chitarra acustica-violino-flauto superata la metà. "Mystery" parte delicata con la chitarra acustica, poi grande lavoro tecnico di sintetizzatori e organo hammond, la migliore parte strumentale di tutto il disco! "Voices" è una commovente canzone capace di alternare strofe folkeggianti di chitarra acustica e violino e chorus più evidentemente metal. "Childhood" è più melodica, con i synth più delicati e un flauto di pan stile Jethro Tull nella parte centrale, nonché un assolo di chitarra niente male nel finale. Vivace e allegra "Hope" sorretta da un solare organo hammond. "School" alterna strofe acustiche e ritornelli più forti ma allo stesso tempo atmosferici; niente male la parte sinfonica centrale. Stupenda anche "Playground", con bel solo di violino a farla da protagonista. "Memories" gioca sull'alternare strofe acustiche sorrette da un sintetizzatore e un chorus più forte. Grande chiusura per il primo cd grazie a "Love": aperta da un mandolino, strofa acustica e ritornello più duro e sinfonico con enfasi sulle voci femminili.
E subito si sente l'esigenza di mettere nel lettore il secondo cd, perché non si è sazi di ciò che si è ascoltato in questo primo frangente! Ed ecco "Trauma" che combina parti psichedeliche stile Pink Floyd, parti metal, parti sinfoniche, complessi giri di chitarra. Delude un po' "Sign" a mio avviso il pezzo meno bello dell'album, una ballata acustica con un bel flauto all'inizio, un bel solo di violino nella parte centrale, pure un clavicembalo, penso che sto pezzo è prossimo alla mia rivalutazione. Volutamente più tirata "Pride", il brano sicuramente più hard dell'album, con rimando non indifferente ai migliori Dream (quello con "Caught In A Web" è un paragone che mi viene in mente) probabilmente per via della voce molto determinata di James LaBrie e qui riemerge il discorso che ho fatto prima: la parte di flauto che troviamo in mezzo al brano potrebbe sembrare fuori luogo ad alcune orecchie ma l'intelligenza con cui è stata inserita al momento giusto la rende capace di legare perfettamente con il sound del brano; e anche il giro di sintetizzatore nel finale è davvero pregevole! Parliamo invece di "Betrayal": anch'essa la sottovalutavo molto ma ora ne aprezzo molto la particolare atmosfera; quel sottofondo di tastiera le dà un suono corposo ed epico ed il bellissimo solo di synth ci dice espressamente che non si tratta di un brano qualsiasi! E mi chiederete... qual è la canzone più strana del disco? Sicuramente vi risponderei "Loser", un inusuale brano folk-metal! La strofa è accompagnata da un mandolino, il ritornello invece prevede chitarre distorte come mai prima d'ora a cui si sovrappone un violino... e poi davvero rimaniamo deliziati da un solo di organo hammond davvero di rara bellezza! Ma la migliore di questo secondo cd è per me "Accident" in cui il protagonista dopo aver ripercorso le emozioni passate rivede il momento dell'incidente. Una traccia sognante, più riflessiva, aperta da suoni elettronici e caratterizzata da delicati arpeggi di chitarra che nel ritornello sfociano in un riff più duro e dopo il secondo ritornello un bel solista di chitarra è seguito da un altrettanto pregevole solo di sintetizzatore. Ma in "Realization" se ne sentono davvero di tutti i colori! Solo nel finale si canta, mentre fino a dopo a la metà del brano tutto è strumentale ed è all'insegna della forte alternanza di stili e di strumenti: ritmo sempre vivace, riff complessi e cambi di tempo in pieno stile prog-metal; bella parte di flauto prima del momento forse più particolare di tutto il disco: la stessa melodia viene suonata da diversi strumenti in successione: un violino, un flauto, un organo, persino un fagotto... cose che non si sono mai viste! Qui siamo davvero su un altro pianeta, pensiamo! Solo un musicista così poliedrico può avere tutta questa fantasia! Più delicata è invece la penultima "Disclosure" con una melodia sicuramente leggera ed in grado di farsi ascoltare con piacere; viene anche ripresa la melodia del brano precedente. Chiusura magistrale con "Confrontation" che segna il risveglio del protagonista; delicati tocchi di chitarra nelle strofe lasciano spazio a riff più heavy; intelligente scelta anche il reprise del riff elettronico di "Isolation".
E questo è quanto. Il progetto Ayreon ha toccato con quest'album il punto più alto dell'avventura. Penso che questo sia un punto sicuramente d'esempio per il futuro del prog ma che risulta inarrivabile! L'olandese volante se vuole può provare a replicare questo capolavoro: produrrà sicuramente un capolavoro (come lui sa fare) ma dubito che riuscirà a fare meglio di così!
Consigliatissimo anche "Into The Electric Castle", capolavoro indiscusso del 1998 che può considerarsi secondo solo a questo. Nel 2008 uscirà il successivo "01011001", sicuramente una gran bell'opera, gran bella prova di sé... ma questo è inarrivabile, punto e stop!
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