Un brutto incidente…. un letto d’ospedale… un uomo… l'amico più caro, la moglie, il padre e tutte le emozioni interne… il confronto con se stesso… la paura, la sofferenza, l'amore, l'agonia, la rabbia, l'orgoglio, la ragione e la passione… inizia un intenso viaggio che dura venti giorni nella mente di un uomo in coma, che combatte tra la vita e la morte e tutti i suoi pensieri e le sensazioni che si accavallano nella mente come il pensiero della moglie (che lui non ha mai trattato con le dovute attenzioni) e del padre (che lo ha sempre ritenuto un fallito).

Le musiche spaziano dal rock al metal con influenze folk, gotic (e a volte anche dark) e di tanto in tanto inserimenti sinfonici e di strumenti come flauti o violoncelli. Interprete d'eccezione del protagonista di questo straordinario concept è James LaBrie che sentiamo al lavoro con parti melodiche e cariche di pathos, con solo alcuni sporadici acuti condotti alla grande. Oltre LaBrie troviamo la presenza (come interpreti delle varie voci interne) di Devin Townsend, Akerfeldt degli Opeth, Devon Graves leader dei Dead Soul Tribe, Mike Baker degli Shadow Gallery e la voce quasi operistica di Eric Clayton dei Saviour Machine, tra i meno famosi, da notare la presenza di Magnus Ekwall (The Quill) dotato di una voce versatile e che non sfigura con gli altri interpreti. Per le musiche da notare la presenza di uno splendido assolo, in Day 16, del grandissimo tastierista Ken Hensley degli Uriah Heep e gli interventi dei moltissimi strumentisti che arricchiscono il lavoro di Lucassen prodotto in maniera esemplare con arrangiamenti e orchestrazioni veramente splendide in ogni canzone.

Questo è l’ultimo prodotto della mente del poli-strumentista Anthony Arjen Lucassen (ormai sulla piazza da più di un 20ennio, prima con i Vengeance e poi con questo suo progetto: Ayreon), nonché la sua migliore creatura che supera Into The Electric Castle come concetti espressi (ora meno fantascientifici e più vicini alla realtà umana e senza le parti parlate che alla lunga possono stancare), le parti progressive abbondano e i cori (vi assicuro che ogni volta mi viene la pelle d’oca) rasentano la perfezione. Personalmente mi risulta difficile pensare che Arjen possa riuscire a superare l’immensa qualità di questo doppio album, ma la mente di un genio della musica ha infinite risorse quindi chi lo può sapere?

In definitiva uno dei migliori (per me è il migliore) dischi progressive metal del 2004 (e anche degli ultimi 5/6 anni) e certamente ai primi posti nella storia. Acquisto quasi d’obbligo, per gli amanti del prog e caldamente consigliato a tutti gli amanti della musica rock in genere.

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