Siamo nel ventiduesimo secolo. L'intero genere umano è stato spazzato via dalle guerre atomiche nell'anno 2084. Un solo uomo è sopravvissuto alla catastrofe, unico rimasto di una spedizione concentrata a colonizzare Marte. Le riserve d'aria e le scorte di cibo e acqua sono ormai limitate ed il pianeta rosso, arido ed inospitale, rende l'agonia del colone insopportabile. La fine è ormai imminente, ma c'è un sistema per rendere il tutto meno doloroso: il "Dream Sequencer", un particolare dispositivo ricreativo in grado di far viaggiare la mente attraverso il tempo e lo spazio. Rifiutando la morte di fame o di sete, il colone decide di spingersi oltre i limiti di sicurezza nella programmazione del "Dream Sequencer". Il viaggio virtuale che ne risulta prende il nome di "Universal Migrator". Il disco inizia mentre il colone si appresta ad intraprendere quest'ultimo esperimento.
Arjen Lucassen cambia faccia, dopo il successo di "Into the Electric Castle" e ci propone un disco profondamente diverso dalla rock opera precedente. Quest'album, composto in coppia con la seconda parte del concept "Flight of the Migrator" (dando vita ad un'unica epopea fantascientifica chiamata "Universal Migrator"), è ciò che il compositore stesso definisce "a melodic and atmospheric journey throgh time". Le influenze metal vengono accantonate in favore di atmosfere rock sognanti e futuristiche, nelle quali il protagonista della vicenda ripercorrerà all'indietro nel tempo l'intera storia dell'evoluzione umana. L'influenza dei Pink Floyd si fa sentire fin dall'inizio permeando tutto il disco di lenti tappeti tastieristici sui quali la chitarra del compositore olandese si esprime in maniera impeccabile. A questa si aggiunge l'amore di Arjen per la musica celtica e il forte utilizzo di sonorità elettroniche creando un sound particolare in bilico tra passato e futuro.
Come ogni disco del progetto Ayreon, anche in questo "The Dream Sequencer" troviamo una lunga fila di "ospiti", tra questi anche Damian Wilson (Threshold), Neal Morse (Spock's Beard, Transatlantic), Lana Lane, Floor Jansen (After Forever), Johan Edlund (Tiamat). Stanco della complessità strutturale di "Into the Electric Castle", Arjen in questo caso opta per un concept nel quale i cantanti/personaggi non interagiscono l'uno con l'altro ma nel quale ogni brano corrisponde ad un'epoca esplorata dal colone attraverso il dream sequencer, descritta da un unico singer alla volta. Dal bambino che, stupito, guarda alla televisione lo sbarco sulla luna, interpretato da Edward Reekers, alla sacerdotessa maya, interpretata splendidamente dalla cantante (a me sconosciuta, chiedo venia) Jacqueline Govaert alla presa di coscienza del primo uomo sulla terra, ovvero Neal Morse, questo disco scorre in tutta la sua bellezza.
In conclusione non siamo di certo innanzi ad un'opera del calibro di "The Human Equation" o "01001101", tuttavia la qualità musicale di questo disco è innegabilmente alta. Chi ha già apprezzato Ayreon in altri lavori può rimanere deluso dalla semplicità formale di questo "The Dream Sequencer" ma, una volta abbattuti tali pregiudizi, si troverà al cospetto di un ottimo disco.
Voto 4,5
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