Introdotto da una curiosa copertina trasgressiva, o per meglio dire eticamente scorretta, quest'album è il migliore tra quelli assegnabili alla "fase 2" della Bad Company, costituita da quattro lavori pubblicati tra il 1986 e il 1992 e facilmente distinguibili rispetto al resto della discografia, in quanto caratterizzati dalla voce alta e penetrante del frontman (e compositore) di quel periodo: Brian Howe.

Rispetto al suo illustre predecessore Paul Rodgers, Howe sottrae buona parte delle sfumature blues e innesta componenti AOR e quasi pop, rendendo la proposta della Cattiva Compagnia sensibilmente più commerciale, senza comunque scivolare nel ruffiano e men che meno nel morbido. Ci pensano innanzitutto i due membri fondatori Simon Kirke (batteria, ex-Free insieme allo stesso Rodgers, un martello) e Mick Ralphs (chitarra, ex-Mott the Hoople, un grande riffeur) a costruire hard rock convinto e trascinante, sul quale Howe impone il suo gusto melodico, non lesinando però in urli e grintose performances. D'altronde il suo precedente ingaggio era stato nel gruppo del rumorosissimo chitarrista americano Ted Nugent, per certo non un pappamolle.

La virtuosa, storica caratteristica della Bad Company di mantenere la musica estremamente semplice, ma tremendamente efficace, è più che mai confermata anche da questa quasi dozzina di canzoni: nessuno strasuona, gli assoli sono compatti e brevi, i giri di chitarra e di basso scarni e trascinanti, i suoni ottimi (dietro il banco di regia vi è un produttore in gamba, Terry Thomas) anche se inevitabilmente anni ottanta e quindi un po' troppo riverberati.

Le canzoni più o meno si equivalgono, ciascuno può scegliersi le preferite. Quella mia in assoluto è la traccia numero tre "No Smoke Without a Fire": il suo riff in MI è una vera picconata, allo stesso tempo sdrammatizzato e dinamicizzato da una seconda chitarrina funky che vi suona attorno, percettibile solo durante le (ciclopiche) sincopi. E' da queste, apparentemente piccole, intuizioni esecutive che si percepisce la classe di questi musicisti: trattasi in fondo dello stesso hard rock forte e accessibile dei Kiss, solo molto più... decoroso, spurgato di tutte le facilonerie e i clichées.

Notevole anche "Shake it Up", pur essa perfettamente agghindata un poco sul funky dal duello, per palati fini, fra una saltellante Fender Stratocaster ed una grassa Gibson Les Paul al suo inseguimento. Mick Ralphs è proprio un grande della chitarra, specie ritmica. Suona poche cose e tutte belle... le canzoni del suo gruppo stanno su soprattutto grazie a un paio di sue limpide intuizioni di fraseggio, così che al compare Kirke non resta che tenerci solidamente il tempo da par suo, ed al cantante di mettere qualche buona melodia (ma niente di speciale).

La ballata blues "Something About You", strascicata e risonante, spezza episodicamente il ritmo per il resto acceso e sostenuto di quest'album, in definitiva un'opera di buon rock classico, ancorato agli anni ottanta ma molto più asciutto e umile della media che andava per la maggiore al tempo. In altre parole, è questa una pagina di quelle buone del rock di quella decade, a suo tempo spazzata comunque via insieme a teste cotonate, chitarroni a freccia e fuseaux da quell'inaudito colpo di spugna, drastico ed eccessivo, di metà anni novanta.

La Bad Company, forte della sua storia gloriosa e della sua qualità, è riuscita a stare coesa fino al 1996 (senza più Howe ma con un terzo, fantastico cantante nella persona di Robert Hart) per poi gettare la spugna e rassegnarsi al fatto di essere tanto bravi, ma fuori moda. Le ultime, relativamente più recenti rimpatriate infine, di nuovo con Rodgers come agli inizi, non contano: puro revival.

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