Non c’è dubbio che tra le band che lasciarono un segno indelebile nell’immaginario punk interpretandone lo stile hardcore negli anni Ottanta, i Bad Religion siano sicuramente tra i nomi più caldi insieme a Minor Threat, Black Flag e Dead Kennedys.

Dopo le prime esperienze formative più grezze e coeve ai suoni di quelli anni fatte da adolescenti (“How Could Hell Be Any Worse?” l’esordio lungo è del 1982), gli esperimenti con i sintetizzatori e il temporaneo scioglimento, la fine del decennio per i Bad Religion rappresentò un nuovo e fondamentale inizio.

“Suffer” (1988) e soprattutto “No Control” (1989) codificarono il lessico del nuovo dizionario hardcore melodico californiano in maniera magistrale ad uso e consumo della decade successiva, epicità e libertà divennero sinonimi di Cattiva Religione.
Il punk che superò la mera protesta per elevarsi ad analisi e riflessione distaccata e alta dell’uomo e della società contemporanea e dei suoi vizi.

Se “No Control” rappresentò il paradigma, la sacra scrittura laica da far studiare a scuola nell’ora di musica al posto degli spartiti per flauto dolce, “Generator” riparte prendendo le mosse dal precedente “Against The Grain” (1990) che aveva ampliato l’orizzonte investendo in una maggior ricercatezza melodica.

“Generator” lascia le sue impronte decise sul terreno grazie anche ad una solidità e compattezza sfoggiata in sole 11 canzoni (a dispetto delle 17 del precedente disco) e all’ampio spettro di soluzioni adottate. Caratteristiche queste che ce lo fanno mettere sullo stesso piano qualitativo del precedente.
E pur non rinunciando alle classiche corse senza tempo stracolme di vigorosi assoli su enormi spazi aperti e campi verdi (“Fertile Crescent” con un guitar work memorabile – “Too Much to Ask” – “Heaven is Falling” in pratica un folk iper-vitaminizzato e accelerato) le affianca episodi più sperimentali per loro come “The Answer” che sfoggia un Greg dal piglio sommesso e malinconico e “Two Babies in the Dark” in cui una narrazione più classicamente soft-rock dimostra se ce ne fosse bisogno che l’arco dei Bad Religion riesce a scagliare con potenza e precisione frecce anche diverse tra di loro senza perdere niente.

Il canzoniere colleziona anche lo scioglilingua iniziale della title-track (archetipo riassuntivo del credo), l'accoppiata superba “No Direction” - "Tomorrow" e l’arrivederci corale al 1993 e a “Recipe For Hate” di “Only Entertainment”. “Atomic Garden” passerà alla storia per essere il primo pezzo per cui venne registrato un video musicale, ma rischia quasi di sfigurare in mezzo a tanta qualità, pur concludendosi in una memorabile orgia pirotecnica.

Le registrazioni del disco risalgono alla primavera del 1991, sebbene questo non venne commercializzato fino al 1992, sempre per la solita Epitath.
Il processo di scrittura dei testi risultò molto influenzato dalla Prima Guerra del Golfo che prendeva piede proprio in quelli anni in Medioriente tra le forze alleate e l’Iraq. Testi come al solito sempre sopra la media in cui la riflessione sui vari temi a loro cari come ambiente e uomo è il minimo comun denominatore.

Con “Generator” a chiusura del quadriennio 1988-1992 Greg, Brett, Jay, Greg e Bobby calano il poker, dando l’ennesima dimostrazione di un punk ormai adulto, intelligente e distante da quello originale, affresco vincente ed epico a chiusura di un periodo magico ed indimenticabile.
Pontificato con relative invettive sottoforma di sermoni che ha attraversato tre decadi ed è arrivato con successo fino ai giorni nostri e dura tutt'ora.


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