BANCO DEL MUTUO SOCCORSO - CAPOLINEA (1980)
Nel lungo corso della nascita e vita (e morte) della musica che soliamo definire "rock" e nella specifica costola progressive, possiamo facilmente ritrovare artisti e complessi che più di altri, hanno saputo recepire con largo anticipo un'imminente stagione di cambiamento.
E' il caso del Banco Del Mutuo Soccorso, pluridecodata quinquereme romana, che negli ultimi sussulti del decennio '70, con "Canto di Primavera" prima e questo live dopo, prova a traghettare il progressive tanto amato, verso nuovi lidi, salvo rendersi conto in seguito, dell'impossibilità di copiare e incollare un passato del genere, in un decennio che si apprestava quantomeno "patinato". E così, sbarcati sulla nuova isola, il Banco come a soffocare dolcemente un amico di sempre, malato terminale, arriva al "Capolinea" finale, non senza dedicare un ultimo epitaffio a quel sogno mancato.
Di sperticate critiche a questo live, ne possiamo leggere sulla bocca di molti fan oltranzisti del Banco. Certamente, suona molto diverso dal gruppo degli esordi, vuoi per la corposa sezione di fiati e per le arie quasi funky nelle percussioni (Karl Potter infatti, affianca Pierluigi Calderoni), vuoi per la produzione, ben confezionata, paradossalmente troppo, appunto. Ma parliamo di strumentisti eccezionali, ormai ad un livello di rodaggio impensabile. E l'unione del pensiero anni '70, anche nel modo di suonare, in un live che tenta di abbracciare gli anni '80, restituisce un feeling tra un sogno nebbioso e malinconico e una secchiata d'acqua gelida in faccia, risultato di sonorità nuove. C'è un frammento di ogni album. Un piccolo tassello che ci ricorda di un "Salvadanaio" qui e una ragnatela del "Ragno", che avremmo voluto sentirci vibrare intorno, di là. E l'amore di "Darwin", che si impreziosisce in questa occasione, di una nervosa accelerata nei toni, drammaticamente romantici. C'è anche un divertente ensemble diviso in due parti, concepito e partorito appositamente per il live, battezzato in uno scarso momento d'ispirazione, "Capolinea pt.1 e pt.2", dove in un'orgia strumentale, Di Giacomo presenta la combriccola e lui stesso, in modo a dir poco spassoso. Qui, oltre al cambio d'impostazione lievemente funky di cui parlavamo, le versioni presentano qualche rivisitazione rispetto alle registrazioni in studio, come nel caso della favoletta di "Non Mi Rompete", dove il Banco da sempre dimostra che la genuinità è di casa. Un dolce e fluido ruscello di note, ci sorprende, in una meravigliosa intro, che fa da richiamo a flauti medievali. La magia e la calma è tale, che la canzone potrebbe proseguire così in eterno, senza che nessuno possa stancarsene. Ma troviamo anche spazio per un finale incandescente, dove Rodolfo Maltese ci ricorda di che pasta è fatto. C'è anche la divagazione quasi jazz di "Garofano Rosso", che beneficia più d'altre tracce delle sparate di Karl Potter e dei fiati persistenti. Una menzione la merita anche "Canto di Primavera", molto complessa da rendere degnamente live, eppure qui in egual malinconico spolvero.
"Capolinea" è una testimonianza importante, di un gruppo che ritengo il più pregno di Italia nel panorama del Progressive Rock. Può piacere o schifare la decisa virata intrapresa, che però non perde mai di vista quel sogno che sullo sfondo, purtroppo tramonta. Il Banco, come altri, aveva capito, intuito, già disegnato. Sono anni incredibilmente mesti e crepuscolari gli ultimi dei '70, dove sembra che non si voglia davvero voltare pagina, eppure il decennio nuovo alfine si aprirà. Ma per chi vorrà, non c'è niente che sia irraggiungibile oltre quei monti, che nascondono soltanto alla vista, un tramonto che in realtà brucia più che mai.
Elenco tracce testi e samples
01 Il ragno (05:29)
(musica: V. Nocenzi / testo: F. Di Giacomo, V. Nocenzi)
Ho camminato fin qui sopra i più alti muri
per fare festa con te
ma vedo che sbagliavo:
parli di vita e di morte
non mi va.
Stai seduto sui tuoi pensieri
come un vecchio ladro fallito.
Io da sempre ho usato l'astuzia
coi miei giochi di geometria
è sciocco rischiare.
Io sono il ragno che fila
lungo i più oscuri buchi
tendo l'agguato
a chi resta ammirato dalla mia abilità.
Non concedo niente, niente a nessuno mai.
Seguo sempre il filo e non lo perdo mai,
segui questo filo e non ti perderai,
prendi questo filo e non ti pentirai !
Labirinto senza uscite
è il tuo spazio ricamato
io non saprei camminare.
Veloce corro su e giù
sono per tutti un saggio
ma certo scrupoli io non ne ho.
Dentro i miei pregiati sudari
delicato cullo la preda.
Se potessi avvolgerti intero
oggi forse la mia più preziosa preda
saresti tu !! Prendi questo filo...
Coro:
Non conceder niente, niente a nessuno mai
segui sempre il filo e non lo perderai
segui questo filo e non ti perderai
prendi questo filo e non ti pentirai
non conceder niente, niente e nessuno mai...
segui questo filo e non ti pentirai
non conceder niente, niente e nessuno mai...
prendi questo filo e non ti pentirai
segui questo filo e non ti pentirai
non conceder niente, niente a nessuno mai...
02 Canto di primavera (04:57)
L'odore degli zingari � come il mare
come il mare arriva e non sai da dove
l'odore degli zingari � come il mare
e primavera � oltre il suo cielo chiaro
non porta pi� leggende da raccontare
ma ti sorprende come una malattia.
La primavera � altro che un cielo chiaro
� grandine veloce sui tuoi pensieri
ti cresce all'improvviso dentro la testa
e scopri che hai bisogno di questo sole
e non ti fa paura la sua allegria
ma ti sorprende come una malattia.
Arriva all'improvviso,
arriva come il mare
e non sai mai da dove.
Arriva come il mare,
arriva all'improvviso
e non sai mai da dove.
La primavera � altro
che un cielo chiaro
� grandine veloce sui tuoi pensieri
arriva come il mare e non sai da dove.
Arriva all'improvviso, arriva come il mare e non sai mai da dove.
Arriva all'improvviso, arriva come il mare e non sai mai da dove.
Arriva all'improvviso, arriva come il mare e non sai mai da dove.
Arriva come il mare, arriva, arriva all'improvviso all'improvviso e non sai mai da dove...
03 750.000 anni fa... l'amore? (04:06)
Già l'acqua inghiotte il sole
ti danza il seno mentre corri a valle
con il tuo branco ai pozzi
le labbra secche vieni a dissetare
Corpo steso dai larghi fianchi
nell'ombra sto, sto qui a vederti
possederti, si possederti... possederti...
Ed io tengo il respiro
se mi vedessi fuggiresti via
e pianto l'unghie in terra
l'argilla rossa mi nasconde il viso
ma vorrei per un momento stringerti a me
qui sul mio petto
ma non posso fuggiresti fuggiresti via da me
io non posso possederti possederti
io non posso fuggiresti
possederti io non posso...
Anche per una volta sola.
Se fossi mia davvero
di gocce d'acqua vestirei il tuo seno
poi sotto i piedi tuoi
veli di vento e foglie stenderei
Corpo chiaro dai larghi fianchi
ti porterei nei verdi campi e danzerei
sotto la luna danzerei con te.
Lo so la mente vuole
ma il labbro inerte non sa dire niente
si è fatto scuro il cielo
già ti allontani resta ancora a bere
mia davvero ah fosse vero
ma chi son io uno scimmione
senza ragione senza ragione senza ragione
uno scimmione fuggiresti fuggiresti
uno scimmione uno scimmione senza ragione
tu fuggiresti, tu fuggiresti...
06 R.I.P. (04:31)
Cavalli corpi e lance rotte
si tingono di rosso,
lamenti di persone che muoiono da sole
senza un Cristo che sia là.
Pupille enormi volte al sole
la polvere e la sete
l'affanno della morte lo senti sempre addosso
anche se non saprai perchè.
Requiescant in pace. Requiescant in pace.
Requiescant in pace. Requiescant in pace.
Su cumuli di carni morte
hai eretto la tua gloria
ma il sangue che hai versato su te è ricaduto
la tua guerra è finita
vecchio soldato.
Ora si è seduto il vento
il tuo sguardo è rimasto appeso al cielo
sugli occhi c'è il sole
nel petto ti resta un pugnale
e tu no, non scaglierai mai più
la tua lancia per ferire l'orizzonte
per spingerti al di là
per scoprire ciò che solo Iddio sa
ma di te resterà soltanto
il dolore, il pianto che tu hai regalato
per spingerti al di là
per scoprire ciò che solo Iddio sa.
Per spingerti al di là,
per scoprire ciò che solo Iddio sa...
08 Non mi rompete (06:52)
Non mi svegliate ve ne prego
ma lasciate che io dorma questo sonno,
sia tranquillo da bambino
sia che puzzi del russare da ubriaco.
Perché volete disturbarmi
se io forse sto sognando un viaggio alato
sopra un carro senza ruote
trascinato dai cavalli del maestrale,
nel maestrale... in volo.
Non mi svegliate ve ne prego
ma lasciate che io dorma questo sonno,
c'è ancora tempo per il giorno
quando gli occhi si imbevono di pianto,
i miei occhi... di pianto.
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