Curiosamente è il secondo album col medesimo titolo del gruppo romano che voglio recensire, lavoro di tutt'altra portata rispetto al precedente omonimo del '75, versione inglese dei migliori brani della prima produzione, ovvero uno dei vertici, se non il vertice della Musica italiana dei primi anni '70. Adesso siamo nel 1983 e la scena musicale è decisamente cambiata, il Banco è alla ricerca di nuova linfa dopo due relativi insuccessi ed il definitivo tramonto dell'epopea progressive.

Il risultato è questo album decisamente pop, con un ottetto di brani a volte gradevoli fra i quali spicca decisamente, almeno dal punto di vista commerciale "Moby Dick" uno dei brani più noti e venduti del gruppo romano ancora in formazione classica, con i fratelli Nocenzi per l'ultima volta assieme: Gianni lascerà infatti il gruppo alla conclusione del tour estivo in promozione all'album, evidentemente la deriva pop che proseguirà per tutto il decennio non lo vedeva più condiscendente.

Migliore il lato "A" con oltre alla già citata "Moby Dick" anche "Lontano da", meno il "B" che si apre con la stucchevole ed inconcludente "Allons Enfants" e prosegue con la disco music..... (ebbene sì, il Banco da disco chi l'avrebbe detto mai!) "Velocità", non migliora con la ripetitiva "Moyo Ukoye" che di esotico porta solo il titolo e concludersi (finalmente?) con Traccia 3, un po' a disagio con quanto precede ed unico brano strumentale a cchiudere alla meno peggio un lavoro di sicuro dimenticabile.

Se aggiungo che pure la grafica è di una povertà sbiancante (è proprio il caso di dirlo) e la durata dell'ottetto (36') già modesta per i tempi in cui il CD tardava ad avere una larga diffusione veniva dopo oltre 2 anni dall'ultima fatica, difficile andare oltre le 2 stelle complessive, cosa che inevitabilmente rattrista profondamente chi ama, sin dagli albori, questo grande gruppo italiano. Del resto le Crisi fanno parte della carriera di ogni grande Artista, il Banco ne uscirà, seppure senza ritornare ai fasti passati.

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