Sono perfettamente consapevole del fatto che sono presenti su Debaser altre 5 recensioni di questo album ma, come è scritto sul sito, è corretto scriverne altre con lo stesso "oggetto di studio" a condizione che si abbia qualcos'altro, qualcosa di nuovo e diverso da dire sull'argomento. Penso sia il mio caso.

"Amen" è il quarto album dei Baustelle, il secondo prodotto dalla Warner e, sia musicalmente che qualitativamente, rappresenta per loro un passo indietro. La firma con la major non ha giovato alla band toscana, non per presunte pressioni da parte dell'etichetta, ma solo perchè, in sede di produzione, il maggior budget a disposizione del gruppo ne ha minato il senso della misura. Molto meglio i risultati del passato quando, un "lo-fi" obbligato dagli scarsi mezzi, conteneva queste ambizioni dimostratesi ai fatti deleterie. La voglia di esplorare, la ricerca spasmodica di soluzioni raffinate, ha condotto ad arrangiamenti discutibili, inutili finezze e ad una lunghezza eccessiva delle tracce, rendendo piatti e irritanti pezzi che stancamente si trascinano senza però mai decollare. Emblematiche in tal senso "L", "Ethiopia" e soprattutto "Baudelaire", dove, in un nonsense sia verbale che musicale, suggestioni da club underground e ritmi sudamericani si mescolano in excursus sonori degni dei peggiori Subsonica. Non a caso i momenti più felici ("Colombo", "Charlie fa surf") sono quelli valorizzati da arrangiamenti più scarni ed essenziali.

Ciò che colpisce positivamente sono le armonie a due voci: quando al cantato di Bianconi si aggiunge quello seduttivo della Bastreghi, il risultato p salvifico per molti pezzi. E' il caso di "Antropophagus" che, in principio addirittura insostenibile, si riscatta quando le due ugole spiccano il volo. Neanche i testi convincono, appesantiti dall'ambizione di voler essere forzatamente intellettuali, e non li salvano certo sterili riferimenti ad oggetti di culto, siano essi religiosi (il Cattolicesimo) o laici (le droghe, Baudelaire, Cassavetes, Pasolini).

In conclusione, la sensazione è quella dell'occasione mancata, di un buon potenziale però pessimamente espresso e, a tratti, vuoto e irritante. La montagna ha partorito il classico topolino.

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