Era il 2000.

Nel primo anno del nuovo millennio c'era chi dubitava sulle sorti del rock indipendente italiano, visti gli ultimi lavori non troppo entusiasmanti dei gruppi di punta del genere, quali Afterhours e Verdena.
Si diffuse la voce dell'esistenza di nuovi Pulp, italiani però. Ed eccoli qua i nuovi pulp, coloro che mischiano rock, elettronica e pop in un mix accattivante: i Baustelle.

Il gruppo di Montepulciano uscì proprio nel primo anno per tutti noi con tre zeri, con il loro primo cd: "Sussidiario illustrato della giovinezza". Ed è proprio della giovinezza, degli amori adolescenziali, dei piccoli problemi di cuore delle ragazzine, dei sogni infranti e dei sogni che verranno, a formare le fondamenta del disco. I Baustelle inoltre non nascondono citazioni cinematografiche, il loro amore per Fellini, per Morricone, per Pietrangeli, per "La Dolce Vita", per Cinecittà, per Via Veneto e per quel gusto noir da fumetto.

La voce bassa, sensuale di Francesco Bianconi e quella più melodiosa, ma altrettanto sensuale, di Rachele Bastreghi, si alternano spesso in duetti travolgenti, accompagnati da quelle basi pop, estremamente melodiche ed azzeccate, mischiate ad un rock leggero e a quel pizzico d'elettronica, sempre azzeccati. Evidenti alcune ispirazioni ai Pulp, come in "Gomma", la quinta canzone dell'album, che ricorda molto "Common People" e "La canzone del riformatorio", che invece ricorda "Disco 2000", sempre del gruppo di Cocker.

Il "Sussidiario", com'è comunemente chiamato dai "Baustelliani", si apre con "Le vacanze dell'83", dove la fanno da padroni i riferimenti ai primi amori estivi, alle prime esperienze sessuali, come recita la frase "Io mi nascondevo, li spiavo lei e il mio amico del cuore perchè si toccavano", e agli anni 80, dove i Baustelle sono cresciuti, con uno dei ritornelli più interessanti degli ultimi anni, dove le voci di Bianconi e Bastreghi si accavallano in maniera perfetta.
Segue "Martina", dove s'incontra il dolore delle prime cotte. Pezzo intenso, "recitato" molto bene da tutto il gruppo, che s'immerge perfettamente nei tormenti adolescenziali di cui tratta la canzone. Dunque è il turno di "Sadik", dove la parte più interessanti è un sovrapporsi di archi nel finale, che rende il pezzo meravigliosamente intenso, con ripetuti gemiti ad aumentare quell'intenso erotismo che tutta la canzone esprime.

E dall'erotismo si passa all'illusione delle bambine, in "Noi bambine non abbiamo scelta", dove si guarda dall'occhio illuso di una ragazzina. Segue, come quinta, la già citata "Gomma", poi "La Canzone del Parco", unica dove la voce di Rachele è quasi sempre solista. Pezzo anch'esso toccante, uno dei migliori del disco. La numero sette è l'altra già citata, "La Canzone del Riformatorio", che come già detto ricorda molto i Pulp, ma rimane pur sempre un ottimo brano dove l'apparente semplicità della musica ci porta alla realtà, nuda e cruda. "Cinecittà" è la numero 8. Si parte con una musica meravigliosamente avvolgente, con un imbarazzato duetto, un colloquio per un film erotico al quale segue l'ennesimo interessantissimo ritornello dei toscani, dove elencano le loro passioni, il tutto condito da citazioni cinematografiche e letterarie. La nona è l'amara "Io e te nell'appartamento", canzone ricca di ricordi, pensieri, riflessioni e speranze. Il cd si chiude, e purtroppo oserei dire, con "Il musichiere 999", dove i Baustelle si raccontano, si presentano, dicono a ciò che aspirano con promesse per il futuro.

Promesse più che mantenute con gli ottimi "La moda del lento" e "La Malavita" che hanno seguito questo fondamentale album per il genere, e per la musica italiana in todo.

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