"Era una fredda serata autunnale in quel di Chicago", iniziano più o meno così le note del booklet di B.B. King Live At Regal, perchè quello che successe quella fredda sera nel novembre dell'ormai lontanissimo '64 ha davvero del leggendario per il mondo del blues, ma non solo.     

B.B. King, sinonimo di blues boy, vero nome Riley King, nel '64 suonava già da oltre una quindicina d'anni ed era già sicuramente uno dei massimi punti di riferimento per il mondo blues, r&b e jazz, vista la sua notevole ammirazione per il grande Django Reinhardt, sua grande influenza, e non solo. Nel novembre del '64 si apprestava a suonare al celebre Regal Theatre di Chicago. Per il pubblico era un evento sensazionale, B.B. era venerato dal suo pubblico, lo si capisce chiaramente ascoltando questo live, dove in quasi ogni canzone la gente esprime esplicitamente il proprio fanatismo verso questo autentico mito, un aspetto questo che ricorrerà in questa recensione.    

Ad incominciare dall'introduzione del DJ Perviss Spann: la gente in delirio, "the king of blues" si propone subito con l'inno "Every Day I Have The Blues", cover del vecchio Peter Chatman, perfetto esempio dello stile B.B. di quegli anni: blues molto contaminato con atmosfere soul e jazz. Lo stesso lo si può tranquillamente affermare per le seguenti che, tra pezzi originali firmati a 4 mani, e gloriose cover consegna pezzi di storia che trasmettono rilassatezza e tranquillità, quella tranquillità che solo certe atmosfere possono offrire: sax tenore, tromba e piano surclassano la chitarra, presente ma mai ingombrante; e oltre a tutto questo vengono risaltate inoltre le grandi doti vocali del Re, fino ad ora grande portagonista soprattutto da questo punto di vista.    

Altra costante come detto è la partecipazione del pubblico che non manca mai di acclamare il protagonista e farsi sentire in tutto il suo entusiasmo. Annunciato nuovamente dal nuovo DJ E. Rodney Jones si riparte con una vera perla: la breve "You Upset Me Baby" dove la gloriosa chitarra di B.B. scompre quasi totalmente, Lucille is gone quindi, ma non se ne sente la mancanza; Lucille che però torna e si ripresenta più viva che mai nella lunga "Worry Worry" di Plemmer Davis e Jules Bihari. Lucille is back adesso, mai così presente fino ad ora non per autocelebrarsi però, ma per consegnarci dolci carezze e gli effetti si sentono, ma nel più lungo brano del disco c'è spazio anche al resto di cui ho parlato finora. Dopo la classica "Woke Up This Mornin'", che torna ai precedenti pezzi, si arriva alla grandiosa "You Done Lost Your Good Thing Now", nuovamente con Lucille al centro all'inizio; con la, come sempre, grande "Help The Poor" di Charlie Singleton si chiude questa epocale registrazione.      

Un live album di purissimo raffinato blues ma in egual misura jazz che le vecchie registrazioni rendono tratti l'ascolto anche piacevolmente grezzo, ad ogni modo musicalmente lontano dal futuro rock blues. La qualità è ovviamente altissima, ma d'altronde non ci si può aspettare di meno dal Re; ma soprattutto, più della pur sublime musica, la cosa più importante di questa testimonianza è l'atmosfera che si respira, l'affetto il calore e l'assoluta devozione del pubblico nei confronti del loro idolo, affetto ricambiato dal bluesman che anch'esso interagisce col suo popolo, tutto che si fonde in una notte d'altri tempi.    

B.B. King penso che non si offenda nessuno se lo si definisce il maggiore bluesman di sempre, per importanza e influenza se non strettamente per meriti artistici. Non ha di certo inventato lui questo genere, ma come pochi lo ha accompagnato nei decenni trasmettendolo e tramandandolo alle future generazioni, ancora oggi è l'ultimo baluardo di quel vecchio blues da cui tutti hanno preso qualcosa.    

"Live At The Regal" non si può affermare con certezza che sia il migliore dei suoi infiniti album dal vivo, neanche lui lo pensa, ma sicuramente quello che ha più contribuito alla sua leggenda, la leggenda di B.B. King. 

Carico i commenti... con calma