Prendete i Genesis prima maniera, aggiungete un po' di tecnica (sissignori) e levategli qualche rotella.
Anzi, mettete sul palco proprio Peter Gabriel, sgravato dagli anni, dalla barba e dalla sporta di insipida musica di beneficienza con cui si trastulla da troppo tempo.
Ripassate tutti i dischi degli Yes 'mezza' maniera, cioè non i primissimi: anzi, fate un passo in più. Abituatevi alle dimensioni oniriche di "Relayer" e ai suoni di "Yes Album". Il basso legnoso, gli assoli dall'eco isterico e sfuggente, la tastiera monumentale che trova sempre il modo di dire la sua.
Aggiungete passaggi rievocanti i Camel danzerecci e scanzonati di "Breathless" e "Rain Dances". Tenete però sempre ben presente che siamo nel 2008. E allora strafate, rimpinzate di tre quarti puro (sissì, quello del liscio, proprio quello da balera).
Avrete qualcosa come Into the Night.
Bene, ora mandateli in Svezia a farsi le ossa, in mezzo a un esercito di brutali vikingi growleggianti e tremendamente ostili. Traetene qualche riff aggressivo. Perchè la lezione del Prog Anni Settanta non va ripresa e ripetuta beceramente, ma rielaborata in chiave moderna e contaminata - con benefici - dai generi più disparati. Beh, preparatevi, perchè, visto che siamo in ballo, bisogna essere eclettici e sconfinare occasionalmente nel country, nel blues e - manco a dirlo - nella classica. Non dimenticatevi dunque di mutare umore diverse volte nell'arco di una sola canzone - passate da assorto a incazzato ad allegrissimo a distorto. Sì, distorto è un umore, soprattutto se ascoltate i Beardfish.
Insomma, detto tout court, siate pronti a tutto.
Lo siete? E allora ecco Sleeping in the Traffic, suite da niente meno che 35 minuti.
Sappiate che naturalmente i testi hanno un ruolo fondamentale in questo lato del mondo: interminabili, eppure concentrati, spesso conditi con un'assurdità che sfiora il demenziale. Otterrete notevoli risultati, soprattutto perchè la leggerezza di alcune liriche compensa la trama intricata e impervia del cammino musicale. Disossate le frasi in sillabe che fanno a gara con l'accompagnamento: a volte potrà anche darvi fastidio, ma vi farà sorridere.
Non dimenticate di inserire - piuttosto spesso - suoni, effetti e voci che vi faranno sobbalzare ma aiuteranno a calarvi meglio nella parte (clacson, spari). A volte, il testo va semplicemente recitato. Ed ecco South of The Boarder, piccola divertentissima perla di prog hardrock.
Avete così l'idea del Nouvelle Progressive, il Progressive Totale, tecnica eccelsa che però, va detto, non sempre scalda il cuore.
Il risultato finale è eccezionale e indiscutibile, ma spesso lascia un senso di insoddisfazione: il virtuosismo non dovrebbe mai essere fine a se stesso, ma a servizio del messaggio che si vuole trasmettere, che non è mai pura forma ma sempre e comunque sostanza. In questo i Beardfish a volte tracimano, ma in questo album più che in altri vanno dritti al punto, facendo convergere forma e contenuto alla realizzazione di un'opera maestosa, piacevole e variegata.
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