Le atmosfere zappiane sono andate, ma quelle in fondo si erano fermate al secondo "Sleeping in Traffic". L'ecletticità del prog dei Beardfish però rimane, eccome. Questo "The Void" è certamente più significativo dell'incompleto "Mammoth", e seppur più lungo è anche più coeso. Ne mantiene - accentuandole - le tinte heavy, ma senza esasperarle, e vi si trova anzi una maggior maturità compositiva. Prima dell'uscita si era parlato di svolta metal, ed è innegabile che alcune tracce (l'apertura con "Voluntary Slavery", o "This Matter of Mine") abbiano un sound più duro - e anche più grezzo - soprattutto se paragonate ai toni usuali di Sjoblom e soci, ma niente di davvero "metalloso" che possa far preoccupare. A parte il growl in un paio di occasioni... ;-)

"Turn to gravel" prosegue il momento heavy ma lo fa nel miglior modo possibile, ovvero con una trascinante cavalcata di chitarre e batteria. Sono presenti anche episodi più "loro" come "They Whisper", o lo strumentale "Seventeen again", ma paradossalmente spiccano meno delle altre tracce. L'apice del disco è invece la bella suite "Note". Ecco, "Note" appunto. Articolata in quattro momenti, è forse la composizione più matura e raffinata dei Beardfish. Nonostante il quarto d'ora di lunghezza è compatta e davvero in grado di esaltare. E poi c'è la struggente "Ludwig & Sverker", addirittura in doppia versione (solo piano di Rikard a chiusura dell'album). Bella, bella che te lo fa intuire subito ma che lo stesso ti cresce addosso e dopo un ennesimo ascolto si svela tra i brividi. Che sia per questo che hanno voluto bissarla sul disco? Una speciale menzione va alle liriche, sempre molto evocative e coinvolgenti nella loro semplicità ("I have this story ready/ and I would like for you to hear it if you got the time./ Have you got the time?/ And as I'm about to descend,/ I'll skip straight to the chorus and tell you right away,/ it's all just a filthy lie" da "Where the lights are low").  

I dischi così sono quelli che in un modo o nell'altro ti costringono ad ascoltarli attentamente, e che non ti danno mai la soddisfazione di un verdetto certo. Per "The Void", dopo attente considerazioni, questo è il mio.

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