Confesso che a Beethoven voglio bene.

Mi spiace anche un pochino confessarlo, a dire il vero, ma fa niente. Indubbiamente è crucco. Il che non è una gran bella cosa, a mio modestissimo modo di vedere. Questione di gusti, né.

Per farmi perdonare confesserò che non sono mai riuscito a sentire per intero il Fidelio. Roba che invece mi sono sorbettato almeno tre volte il Wozzeck di Alban Berg per cercare di capire se era colpa mia o sua (spoiler: sua). O il Gianni Schicchi, per dire. E vogliamo parlare dei Cavalieri di Ekebù? Credo di essere l'unica persona al mondo, autore a parte, che l'ha sentita tre volte. Lodoletta di Mascagni? Ma no, Fidelio no, proprio no. E vogliamo ricordarci la messa in scena della prima alla Scala (a proposito, pronti per Macbeth? Sarà tanta roba, credetemi) di qualche anno fa? Beh, spento dopo dieci minuti. Scosso il capo, non ci sono più le mezze stagioni, dove andremo a finire, 'sto Rivera che ormai non ci segna più...


E poi la Nona, e non parliamo di quel film demenziale di Baricco che ne parla (l'avete visto?) e quella storia per cui da lì in poi la Nona si sa che è l'ultima, come il testamento... robe insopportabili. Haydn, di sinfonie, ne ha scritte 104! Però non se lo ricorda nessuno. Cos'è, aveva un peggiore agente?


Di Beethoven adoro, da sempre, il quartetto opera 132. Lo devo a Vittorio Sereni. Non lo frequento. Non so bene chi sia. Un giorno leggo una sua intervista. Dice che questo quartetto si sviluppa come un pensiero. Non conosco Vittorio Sereni, non ne so niente di musica ma - forse l'avrete capito - se leggo una dichiarazione d'amore mi incuriosisco (l'ultima volta era capitato con Cofferati che parlava di Otello). Beh, ne valeva la pena.


Di Beethoven, da sempre (avrete finito di farmi divagare?) c'è una cosa che ho nel cuore. E ce l'ho per un errore, forse. E' il secondo movimento della sesta sinfonia. Si chiama At the brook il movimento, Pastorale la sinfonia. Andante molto mosso, dice lo spartito.


Boh, capiamoci bene. Parliamo di una sinfonia. Una sinfonia non è una roba tipo ho tre pezzi belli da fare sentire. Non è mi è venuta in mente una bella musichina. No, una sinfonia è un viaggio. Su un altro pianeta. Che vai a conoscere, vai a scoprire. E che dici hey! ma è bello! (beh, se la sinfonia è venuta bene, mica sempre succede). Certo, in proposito, dovessi dire chi da questo punto di vista li fregava tutti è il mio amichetto Gustav. Lui davvero ogni volta un pianeta diverso. Ogni volta un pianeta meraviglioso. E straniante. E conosciuto. Ogni volta quel pianeta era casa tua. Qualunque cosa possa voler dire casa tua per uno che nemmeno sapeva dire in che nazione era nato.


Beethoven un po' di meno. O di più, se volete. L'idea è quella semplice. Siamo nell'Ottocento. E le sinfonie sono proprio quella roba tipo dobbiamo costruire un mondo. Il nostro mondo. Adesso siamo moderni, capiamo le cose. Lo Stato dovrà essere così, le leggi queste, la vita in questo modo. Beethoven è questo. L'Eroica, la settima che pochi conoscono, la Nona non ne parliamo. L'idea che - come fanno gli Usa in quegli anni lì - riusciamo a ordinare il mondo. A darci un ordine, che lo renderà un mondo giusto. Bello. Pulito e preciso. Da quell'idea, lo sapete, nasceranno mille cose. Mica troppo belle. Ma Beethoven è questo. Nonostante ciò confesso che gli voglio bene. E mi spiace anche un pochino confessarlo.


La sesta sinfonia di Beethoven si chiama Pastorale. E se solo cercate su youtube la trovate. E generalmente la trovate con qualche immagine. Qualche bel quadro di qualche pastorello in giro per la campagna. Una di quelle robe che mica ci penso nemmeno lontanamente di metterla appesa in casa mia. Una di quelle robe innocue, che bella la vita in campagna, che serenità. Quelle robe lì. Robe che se uno ha solo letto due righe di Leopardi prende e butta nel cestino. Boh, non la so bene, la storia di Beethoven. Non so perché o come l'abbia scritta questa roba qui. Certo non era quello che impazziva per l'Uomo Forte che avrebbe cambiato il Mondo. O nemmeno quello dell'Amore Universale che l'avrebbe salvato. Forse scriveva solo per guadagnare qualche marco. Una roba di routine.


La prima volta che ho sentito il secondo movimento della sesta sinfonia il direttore ha sbagliato clamorosamente. Mi pare fosse Haitnik. Non l'ha per niente fatto andante molto mosso. No, l'ha fatto adagio. Roba che ti sequestrano la bacchetta. La seconda volta che l'ho sentita anche. La terza pure. E anche se adesso ne sento un'altra versione io ho sempre in mente quel disco là. (Bianco, tra l'altro, con i titoli i rilievo. Erano gli anni settanta).


Sono otto note. Una melodia. Dolcissima. Che si ripete. Lentamente. E ritorna.

Come non dovesse finire mai.

Oh, capiamoci, su queste cose c'era uno che è stato il meglio al mondo. Si chiamava Bach e teoricamente dovrebbe piacermi, perché con la matematica ha mica poco a che fare. Su questa cosa di ripetere, di fare canoni, fughe, robe così, era davvero il numero uno mai esistito al mondo. Beethoven no. Anzi, in generale mica lo fa.
In questo movimento sì. Parla di un ruscello. E sono otto note. Le senti almeno trenta volte. Spariscono, ci fa sopra qualche variazione ma piccole cose (roba che Bach faceva a occhi chiusi, niente di clamoroso) e poi ritornano. E ogni volta che ritornano te dici ma quanto belle sono, queste otto note? E sono sempre quelle. Non si evolve niente, non cambia. Ripeto, Bach una roba del genere l'avrebbe buttata nel cesso. Nemmeno considerata.


Otto note. Tornano anche in questo momento. Le hai già sentite. Nel mio caso almeno un miliardo di volte. Non parlano di un mondo strano e diverso. Ma forse solo di un pastorello che va al fiume (e chissenefrega). Ogni volta che le sento dico: ma quanto sono belle?


Strano mondo, quello delle sinfonie. E, sì, lo confesso, a Beethoven gli voglio bene. Anche se mi vergogno un pochino a dirlo, io, quelle otto note, continuo a sentirle. Suonate lentamente. E su youtube non ci sono.

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