Il capolavoro era nell'aria, solo ed esclusivamente questione di tempo; con "White-Out Conditions" i Bel Canto si erano presentati dimostrando fin da subito di avere la stoffa dei fuoriclasse, e con un po' più di esperienza alle spalle, una visione più lucida, organica ed elaborata nonchè maggior disponibilità di mezzi economici la consacrazione non si fa attendere, materializzandosi già nel 1989 con questo "Birds Of Passage", un'opera d'arte che non esito a definire sublime senza alcun tipo di remora. Cangiante, mutevole ed enigmatico, questo album striscia con grazia serpentina nella psiche dell'ascoltatore nonostante l'imponente dispiego di fiati e archi che in linea teorica avrebbe potuto appesantirne il sound. Per quanto mi sforzi, non riesco a trovare un singolo difetto anche solo veniale; fusione perfetta tra elettronica, world music, folk e operatic pop, poesia ed elevazione spirituale, tanti suoni diversi che confluiscono armonicamente in un un flusso sensuale e straniante, così bello, puro ed incontaminato da non sembrare neanche di questo mondo.

Anneli canta in maniera molto diversa rispetto all'esordio, qui cerca spesso un registro relativamente basso, un approccio sicuro e lineare che ispira quell'attenzione e riverenza dovuta ad una figura fuori dall'ordinario, quasi sacrale; un mutamento in linea con le atmosfere più tranquille e riflessive dell'album, che a volte virano su un trip-hop contaminato da influssi etnici come in "Intravenous", introspezione spirituale alla ricerca di una luce guida e "Birds Of Passage", poesia ermetica incentrata sul cambiamento come ordine naturale ed inevitabile delle cose oppure puro ed etereo in una melanconica istantanea di solitudine come "Picnic On The Moon", in cui il candido lirismo di una fantasia infantile si infrange con la prosa disincantatata della realtà. L'anima più sciamanica ed oscura dei Bel Canto rivive con "Dewy Fields", in cui percussioni e corni francesi scandiscono un ritmo cadenzato e marziale intercalato da un'ipnotica linea di piano, quasi rivivendo in un'ottica più inconscia ed allegorica lo smarrimento di "White-Out Conditions" e nell'elegia dark-orchestrale di "The Suffering", le cui parole sembrano richeggiare quelle di Calipso, il dolore della consapevolezza di dover perdere prima o poi il suo Ulisse e ritornare ad una vita di solitudine, "Tears won't help me find the reason why you suddenly disappeard out of my sight, I was mistaken but now I'm sure, I love you still but silently inside I know my feelings won't change your mind". Reminescenze dei vecchi Bel Canto, ma anche nuove visioni come "A Shoulder To The Wheel", profonda ballad per elettronica, bouzouki e percussioni dall'incedere drammatico e maestoso e "Time Without End", neoclassicismo orchestrale, armonie medievali, l'intreccio perfetto tra le voci di Nils e Anneli ed una poesia che sembra riemergere dalle profondità dell'inconscio, dalla polvere di un tempo lontanissimo e dimenticato, "Hope measuring time without end you could be just like the sun, beautiful like a dream, innocent like e child, heroic and brave like the kings and te warriors in the legends, behold the depths of your innermost soul, a minotaur walking in endless despair, mythical like a dream, invisible like a soft breath of wind".

Come ho già detto, tutti i dischi dei Bel Canto sono tappe interconnesse, mai punti di arrivo, e nonostante la sua immensa caratura "Birds Of Passage" non fa eccezione: ci sono episodi che rimandano al passato, altri più radicati nel presente e nel contesto specifico dell'opera, altri ancora che anticipano il futuro, accenni di un ritmo ed una vitalità che nel giro di due album si tradurrà in un completo cambio di muta per la creatura di Nils Johansen e Anneli Drecker: "Oyster" sembrerebbe una semi-cover di "Cars", grande classico di Gary Numan, un'analogia (forse un omaggio?) troppo evidente per essere casuale, rielaborandola con orchstrazioni, vibrafoni, un refrain vivace e stralunato ed un fantasioso immaginario marino, lontanissimo dalla nevrosi tacnologica dell'originale; "Continuum", cantata in spagnolo, è un rituale di stregoneria voodoo, interpretato da Anneli con un tocco di soave malignità, in cui la danza appare come un condizionamento mentale operato da un misterioso burattinaio, "Alli no te detienes, giras y siempre te mueves, una maldicion? Y te obliga a bailar, y no puedes parar, es un ritmo oculto, magico, continuum...". "The Glassmaker" arriva addirittura all'invenzione di un linguaggio ad hoc fatto di vocalizzi, coloriture e armonie perfettamente intrecciate con al ritmo di questa sinuosa danza arabeggiante sorretta da una perfetta combinazione di archi e percussioni, un esempio quantomai emblematico della fantasia e dell'ispirazione che pervadono "Birds Of Passage".

Se "White-Out Conditions" si muove tra nebbie e ghiacci perenni, con la sfocata prospettiva di un mondo esterno più vivo ed ospitale e "Magic Box" segnerà l'approdo nel caldo e colorato scenario del subcontinente indiano, con le sue foreste, i suoi rituali ancestrali e le sue caotiche città, "Birds Of Passage" è più difficile da inquadrare in una dimensione geografica, rispecchia uno scenario più ampio, prevalentemente mediterraneo, non quello odierno ma di un'epoca ormai persa nelle nebbie del tempo. I culti misterici, le montagne e le impervie foreste della Tessaglia, lo splendore decadente della civiltà di Creta, l'antro della Sibilla, la remota isola di Ogigia, ai confini del mondo e le misteriose coste dell'Arabia Felix, fino ad arrivare all'enigma insondabile della Luna. Luoghi che appaiono e scompaiono come visioni cangianti ma fugaci, che rivivono tramite Anneli, capelli rosso fuoco, occhi di ghiaccio e voce di una dea. Volendo trovare un'analogia (un po' ardita ma sencondo me molto calzante) con un'altra opera d'arte, "Birds Of Passage" sta alla musica così come il busto di Nefertiti alla scultura, stessa bellezza antica ed indecifrabile, sottile e misteriosa, compostezza e regalità.

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