C'era una volta un capellone, figlio dei fiori, che esordì nientemeno che a Woodstock. Sì, avete capito bene. In mezzo a gente come Joe Cocker, Santana, Richie Havens, Hendrix, Incredible String Band, Who e credo non ci sia bisogno di continuare. Come se non bastasse, tale ragazzo sommesso e dalla capigliatura folta partecipò nientemeno che al musical "Hair" nella parte di Woof ed apparve anche sulla copertina. Di chi sto parlando? Di Bert Sommer, naturalmente. Peccato che nessuno sappia chi diavolo sia, neanche il sottoscritto, sino a qualche anno fa, quando, navigando in rete, si imbattè nel sample audio di "Jennifer", un delicatissimo bozzetto acustico, suonato ad accordatura aperta (a orecchio dovrebbe essere un re), che parlava della relazione con una ragazza co-protagonista del musical, tratto proprio dalla giornata pomeridiana di Woodstock. Non c'era alcun video disponibile dell'evento e, dopo affannose ricerche, capii il perchè: uno degli organizzatori, tale Art Kornfeld fu costretto a cancellare l'esibizione di Sommer all'ultimo minuto dalla resa video finale per un millantato "conflitto di interessi". Bert aveva appena pubblicato per la Capitol, di cui Kornfeld era vice-presidente, (poi dimessosi prima di sponsorizzare il festival), il suo disco di esordio "The Road to Travel". Nel contempo Kornfeld e soci avevano venduto i diritti di riproduzione dell'evento alla Warner Bros., principale competitor della Capitol. Ecco così che la toccante e vibrante esibizione di Sommer e la sua band, culminata in una versione addirittura superiore all'originale di "America" di Simon & Garfunkel, foriera di una standing ovation che Bert con la sua sottile ironia definì memorabile e che udì mentre si recava al gabinetto, nonchè di un set nutrito di canzoni, almeno una decina, non vide mai la luce. Fortunatamente, nel 2019 fu pubblicato un cofanetto di 10 cd a cura di D.A. Pennebacker denominato "The Woodstock Diaries" ove compaiono quattro tracce dell'esibizione di Sommer, tra cui la su citata "Jennifer".
Ma veniamo al disco, pubblicato nell'annus mirabilis 1968. Ci sarebbe già da gridare al miracolo per la sola "And When it's over", che lo apre; una dodici corde, archi e fiati che disegnano un acquerello nel cielo e quella voce, potente e vibrante, tra Donovan e Tim Buckley a parlare della fine di una relazione e della disperazione che ne segue, poi "Jennifer", per sola chitarra e voce, degna del migliore Tim Hardin. Ma c'è tanto altro nel disco, come, ad esempio, I Beach Boys virati in seppia di "Things are Goin' My Way", oppure una "All Things Must Pass" di un certo Harrison, di almeno un paio d'anni prima (La conclusiva "A Note That Read"), importanti excursus alla Dylan (La title track), o alla Donovan ("She's Gone), nonchè mirabili divertissment à la Tin Pan Alley ("She's Just a Girl), giusto per citarne alcune, ma siamo di fronte ad un vero e proprio gioiello di scrittura, arrangiamento ed esecuzione, vocale e strumentale. Purtroppo dopo Woodstock, il nome di Sommer cadde nell'oblio e non bastarono altri tre dischi - "Inside Bert Sommer", di appena un anno dopo e i due omonimi, rispettivamente del 1970 e del 1977- a risollevarlo. Si esibì nella nativa Albany, nello stato di New York, per alcuni concerti, ma fu presto dimenticato. Si ammalò di una forma rara di bronchite e morì nel 1990, tornando sulla stella da cui era nato, solitario e sommesso. Il suo culto però continua, complice un meraviglioso sito a lui dedicato, da cui ho attinto gran parte delle informazioni sul suo conto: https://www.bertsommer.com, su cui vi consiglio di andare.
Il disco in questione è stato ristampato anni fa dalla Rev-Ola, precisamente nel 2006, un paio d'anni dopo la sua scoperta da parte del sottoscritto, un bel regalo che custodisco gelosamente. Gli altri si possono trovare, con un po' di fortuna, su E-Bay. Fatevi un regalo, non ve ne pentirete. Bert è vivo e lotta insieme a noi. Salùt.
Elenco e tracce
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