Elizabeth "Betsie" Larkin da San Francisco è una guest vocalist di professione: una cantante, molto brava e preparata, che ha impostato la sua carriera come prestavoce per svariati DJ e progetti di musica elettronica, il più famoso probabilmente Armin Van Buuren ma in primis Ferry Corsten, il primo a "lanciarla" affidando al suo impeccabile gusto interpretativo un paio di episodi cardine di quel piccolo grande capolavoro di architettura sonora noto come "Twice In A Blue Moon", una collaborazione poi continuata alla grande con "Not Coming Down", stupenda e visionaria trance-ballad nonchè indiscusso vertice di "WKND", l'album più recente dell'artista olandese. A differenza di tante sue colleghe e colleghi, Betsie Larkin è riuscita a debuttare con un album a nome proprio, formato da canzoni scritte appositamente per lei da molti dei musicisti con cui abitualmente collabora. In fondo, nulla di sostanzialmente diverso dai baracconi circensi delle Madonne et similia, con la differenza che qui il "giochino" è assolutamente palese e dichiarato, dato che i brani sono rigorosamente co-accreditati a tutti gli effetti ad ognuno dei produttori chiamati in causa di volta in volta: Tanto per capirci, anzichè essere a firma XY feat Betsie Larkin, qui la dicitura ufficiale è Betsie Larkin feat XY. Non penso sia necessario soffermarsi più di tanto su quelle che sono le differenze lapalissiane tra un album come questo e la spazzatura "generalista"; nei suoni, nell'attitudine, nel diverso target, sicuramente molto più ristretto e sinceramente appassionato a cui è destinato un album come questo.

Diamo un'occhiata alla copertina: a prima vista forse non si direbbe ma è molto importante, nonchè decisamente azzeccata per la proposta musicale. Betsie si presenta con un look minimale e futuribile, di un'eleganza sobria e impeccabile, tiene in mano un casco da astronauta e si trascina dietro un enorme paracadute, che a me piace interpretare come una versione "aggiornata" dell'ombrello di Mary Poppins, un mezzo per levarsi in volo più che per atterrare. E tutto questo quadra perfettamente: il sottogenere proposto in "All We Have Is Now" è la trance, una particolare branchia di house music in cui le atmosfere, a metà tra il futuristico e l'ascetico, contano forse anche più del groove. Synths ariosi e di ampio respiro, a volte magniloquenti ma sempre con grande leggerezza ed elevazione, una cura certosina per i dettagli, le strutture, i cambi di tempo e atmosfera e testi di carattere generalmente emotivo e spirituale, anche se in senso molto lato. Quest'album è incentrato sulla cantante Betsie Larkin, e quindi mancano gli strumentali che in genere costituiscono la maggioranza relativa di un album trance tout-court, ma nonostante questo la durata media dei pezzi si aggira sui 5:30/6 minuti e l'imprinting rimane quello, molto ben definito. Musica che fa "ballare" più l'anima che il corpo, regalando sensazioni di energia, di carica positiva ma soprattutto relax e benessere, un piacevole volo in totale disimpegno e serenità.

Attualmente non conosco nessuno degli artisti coinvolti nel progetto a parte l'immancabile Ferry; c'è anche un italiano (viterbese), Giuseppe Ottaviani, ma il suo pezzo non è tra i vertici dell'album. Inutile quindi citarli tutti, ma album del genere hanno anche questo pregio, stimolano nuove ricerche, e almeno un paio di nomi sono già sul mio taccuino. E poi, nonostante la moltitudine di teste (affini ma giocoforza differenti) coinvolte, "All We have Is Now" è un album bello fluido e compatto, senza contrasti ed eccessive discrepanze; midtempos come "Let It Shine" e "Breathe You In" dominano la scena con sonorità raffinate, atmosfere agrodolci, soffuse ma anche potenti e ben delineate, un cantato sempre deciso, espressivo e impeccabilmente equilibrato. La voce di Betsie Larin non è una di quelle che fanno saltare sulla sedia dallo stupore, ma non ci si stanca mai di ascoltarla: si sente tutta la preparazione tecnica, il senso della misura, la passione di una bravissima interprete che, essendo nata e cresciuta a San Francisco, con ogni probabilità ha sempre vissuto a stretto contatto con musica elettronica e dance di un certo livello. Ferry Corsten le regala una perla come "Stars", grande energia, incedere epico e impeccabile sensibilità pop; indubbiamente l'uptempo di punta dell'album, almeno come potenziale commerciale. "All We Have Is Now", che spinge più a fondo sul pedale del groove, non è assolutamente da meno, così come "The Offering", uno spumeggiante crescendo da ritmiche minimali a pieni elettronici potenti e visionari.

"The Flicker Inside" è l'unico episodio accreditato unicamente all'artista californiana, che si cimenta con sonorità downtempo/chillout; un pezzo rilassante, estatico, velato di suggestioni new age; sembra non decollare mai ma è proprio così che deve essere, e si rivela migliore dell'analoga "Toys" in collaborazione con Giuseppe Ottaviani, penalizzata da uno sviluppo un po' caotico e una melodia non fresca ed efficace come in altri episodi. Bellissime invece due rielaborazioni di materiare già precedentemente edito, "Made Of Love", direttamente da "Twice In A Blue Moon" di Ferry e "You Belong To Me" del russo Dmitry Almazov in arte Bobina: le due canzoni vengono spogliate da tutte le parti strumentali, dai grooves, tutto ciò che non ha direttamente a che vedere con Betsie Larkin. Rimangono solo il piano e la voce, e in questo modo si pone l'accento sull'anima più profonda delle canzoni, un'anima che brilla intensamente in queste affascinanti piano-ballads, "Made Of Love" con la sua poetica filosofica e spirituale, "You Belong To Me" più stuggente e carica di spleen. L'idea non è sicuramente originale, si tratta sostanzialmente di versioni unplugged, la realizzazione e soprattutto l'esito ultimo sono superbi: due notturni di grande atmosfera e suggestione.

"All We Have Is Now" non è sicuramente un album indispensabile e neanche del tutto perfetto, episodi come l'iniziale "The Dream" e "Obvious" sono penalizzati da refrains un po' troppo paraculi ma personalmente ho imparato a non darci troppo peso, anche perchè si tratta veramente di peccatucci veniali, ma per il resto ci si affeziona facilmente. Perchè no dopotutto, è un lavoro ben fatto, buon songwriting, ottimi suoni e armonie; anche chi di solito scappa a gambe levate davanti a parole come house o dancefloor potrebbe apprezzarlo (dopotutto il tanto demonizzato tunz-tunz non abita sicuramente qui) o comunque trovarci qualche nota positiva o motivo di interesse. Brava Betsie e bravo tutto il cucuzzaro, per me il Pop di oggi sono loro e altri artisti mossi dalla medesima ricerca di uno stile e di suoni che "suonino" veramente, che non risultino squallido e desolante sottofondo per vendere carne e fuffa patinata. Possono piacere o non piacere ma le basi, una "deontologia" del pop loro ce l'hanno e la portano avanti con risultati lodevoli.

Elenco e tracce

01   The Dream (06:02)

02   Stars (04:56)

03   All We Have Is Now (04:57)

04   Obvious (05:26)

05   Made of Love (Made With Love rework) (04:28)

06   Breathe You In (06:05)

07   The Flicker Inside (05:28)

08   Toys (05:27)

09   The Offering (05:24)

10   Let It Shine (06:09)

11   Belong to Me (Sunset version) (04:43)

12   The Dream (ambient mix) (03:58)

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