Ci sono artisti i cui primi lavori sono all'unanimità considerati i migliori, poiché sono i più originali e genuini. D'altro canto alcuni artisti realizzano le loro opere più belle in un secondo momento della loro carriera, in quanto gli esordi sono caratterizzati da uno stile embrionale ed intercolutorio. I Between The Buried And Me fanno parte della seconda schiera e "The Silent Circus" (2003), il loro secondo album, ne è la conferma.
Ad ogni modo vanno fatte alcune precisazioni: la carriera del gruppo è ancora piuttosto breve, dal momento che gli esordi risalgono appena agli inizi del nuovo millennio; inoltre si sono susseguiti numerosi cambi di formazione e attualmente il cantante Tommy Giles Rogers e il chitarrista Paul Waggoner risultano gli unici rimasti dei membri fondatori, quindi si può ipotizzare che i musicisti che allora gravitavano attorno il nucleo Rogers-Waggoner non fossero i più adeguati. Tuttavia va altresì specificato che la band ha già pienamente raggiunto la maturità artistica: infatti "Alaska" (2005) e "Colors" (2007) sono due lavori eccellenti, i vertici della discografia, probabilmente anche di quella futura. Cosa che non si può dire di "The Silent Circus": in esso è riconoscibile lo stile del gruppo (utilizzare complesse partiture di stampo prog al servizio del metal più estremo), ma è ancora acerbo e spigoloso, per quel che può valere il termine in un simile contesto musicale.
A partire dalla voce di Rogers: growl e screaming sono poco incisivi e il vocalist tende spesso a sbraitare in modo inconsistente. Anche le parti di voce clean lasciano piuttosto a desiderare e a tal riguardo si ascolti la ballata "(Shevanel Take 2)", peraltro piuttosto mediocre, per assistere ad una performance vocale incerta, quasi timorosa, poco persuasiva. I brani migliori, quelli che convincono riguado al talento della compagine del North Carolina, sono "Mordecai" e "As A Dglgmut", che, grazie a continui cambi di atmosfere ed improvvisi squarci melodici, sono indicativi delle mirabili gesta future. Per il resto, eccettuato ancora l'interludio melodico del dittico "Reaction/ (Shevanel Take 2)", spadroneggia un death metal molto tecnico ed arzigogolato, ma al contempo anche serrato e corrosivo, spesso ai limiti di certo grindcore. E' senz'altro un genere che sta alla base della musica del complesso, ma che non è ancora sviluppato al meglio ed è quindi povero di spunti realmente memorabili. Inoltre l'uso delle tastiere e dell'elettronica, che avrà un ruolo importante negli album successivi, è molto sporadico e marginale.
Conclusione: fermo restando che lo stile dei BTBAM non è affatto semplice e richiede più di un superficiale ascolto per essere apprezzato, a chi non li hai mai sentiti e ha intenzione di conoscerli sconsiglio di affidare la prima impressione all'album in questione, poichè è un lavoro sostanzialmente di vaglia e può indurre in errore. Uomo avvisato...
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